Archivi

Castelfidardo

Comune di Castelfidardo

P.zza della Repubblica, 8 – 071 7829302

www.comune.castelfidardo.an.it

nocelli@comune.castelfidardo.an.it

Il primo nucleo della città si sviluppa ai limiti di una centuriazione romana situata tra il fiume Aspio e la immensa Selva che forniva sostentamento e rifugio alla prima comunità. A seguito dell’allagamento della vallata da parte di fiumi Aspio e Musone, l’originario insediamento si sposta nell’attuale collina assumento la denominazione di “Castrum Giccardi” e, dal XII secolo quella di “Castrum Ficcardi”. Nel 1240 è distrutta da Re Enzo e poi restaurata da papa Gregorio IV. Nel 1337 passa sotto il dominio dei Malatesta e nel 1443 sotto la Signoria di Francesco Sforza. Con la cacciata degli Anconetani del 1527, “Castrum Fidardum” trova definitivamente la quiete sotto la protezione della Chiesa. Nel 1860 Castelfidardo è teatro di uno dei più grossi fatti d’arme del Risorgimento italiano tra l’esercito pontificio del Generale Cialdini. La Battaglia di Castelfidardo ha segnato la fine del dominio pontificio e ha dato i natali allo Stato italiano unito.

Porta Marina ingresso del centro storico è, insieme all’antico terziere del Cassero e Porta del Sole, ciò che rimane delle mura medioevali;

Palazzo Comunale ospia anche il Museo internazionale della fisarmonica;

Collegiata di S. Stefano – Palazzo Mordini costruito nel cinquecento è oggi sede del Museo Risorgimentale della storica battaglia del 1860;

Monumentale Chiesa di S. Francesco con il suo splendido auditorium;

Museo internazionale della Fisarmonica inaugurato nel 1981, fa rivivere l’affascinante storia della fisarmonica che a Castelfidardo si iniziò a produrre dal lontano 1863, quando Paolo Soprani fondò la prima fabbrica di produzione in serie dello strumento. La collezione in esposizione è composta da oltre centoquaranta esemplari provenienti da 18 paesi ed è impreziosita da una fedele riproduzione di una tipica bottega artigiana degli anni 30/40. Gli strumenti esposti sono tutti perfettamente funzionanti. Nel museo sono conservate anche opere di pittura e scultura (Boldini, Leger, Severini, Pigini, Bugari) oltre a tre raccolte uniche nel loro genere. Una è la raccolta di francobolli emessi da 26 stati raffiguranti la fisarmonica; un’altra riguarda le monete e le medaglie con le effigie di musicisti; la terza è una serie di circa quattrocento statuine ed icone provenienti da tutto il mondo a tema fisarmonicistico;

Museo Zambiano “Padre Francesco Mazzieri”;

Museo del Risorgimento espone documenti e cimeli della nota bataglia del 18 settembre 1860 che consentì l’annessione delle Marche e dell’Umbria all’Italia.

Monte San Vito

 

Comune di Monte San Vito

Via G. Matteotti – 071 748931

http://www.montesanvito.pannet.it/

comune.montesanvito@provincia.ancona.it

Il Comune di Monte San Vito risulta già citato nel 1177 in un documento relativo alla rocca ed appartentente nel sec. XIII a Jesi. Nel 1316 passò ad Ancona che lo tenne, salvo brevi domini dei Malatesta e degli Sforza, sino al 1860. Possiamo definirlo un paese vivo per le varie attività culturali, ricreative e sportive. E’ atturalmente in funzione la Biblioteca Comunale con annesso archivio storico, che ospita oltre 9.000 libri e 1.600 volumi di fondo antico tra cui cinquecentine della grande Biblioteca del Convento Francescano esistente nel capoluogo fino al sec. XIX.

Meritevoli di attenzione sono:


Il frantoio del ‘600
 situato in via Gramsci, da quasi 400 anni si trova uno splendido e ben conservato mulino dell’olio, ora transformato in museo, per testimoniare la vocazione di Monte San Vito alla produzione di olio d’oliva di pregievole qualità. Giganteggia al centro del frantoio una grande e possente macina di pietra, datatat 1688 che, girata da un asinello, frantumava le olive. La pasta di olive veniva poi pressata tra i fiscoli da grossi torchi lignei. La trave in cui sono inseriti i 2 torchi reca la data del 1770, mentre un torchi è datato 1875.

Centro Turistico “Carlo Urbani”: il recente recupero e la riqualificazione della fabbrica cinquecentesca del monastero cistercense “La Visitazione”, poi divenuto nel 1903 sede del Consorzio Agrario, ha rappresentato un importante momento di salvaguardia del patrimonio storico e al tempo stesso un’ulteriore opportunità per la valorizzazione del territorio. La struttura, inaugurata nel mese di ottobre 2006, è intitolata a Carlo Urbani, in omaggio alla figura del medico scienziato marchigiano scomparso nel 2003 per aver contratto la Sars cui dedicava la sua ricerca scientifica per trovarne una cura. L’edificio, destinato a polo per la crescita turistica e culturale dell’intero territorio, prevede spazi e sale polifunzionali, quali la sala del “voltone”, “delle barulle”, “del grano”, la “saletta espositiva”, per culminare nella zona absidale con la “sala dell’oratorio” adibita a sala per convegni – conferenze di circa 80 posti.

Teatro Condominiale La Fortuna: nato nel 1758 dalla volontà di 18 notabili del luogo che si associarono per la fondazione del Teatro, fu restaurato e di nuovo inaugurato il 28 gennaio 1928. Completamente restaurato e riportato al suo naturale splendore nel 2001, con i suoi velluti rosa cipria, gli stucchi, i gessi e gli spolveri dai delicati toni, è in piena attività, proponendo stagioni ed attività teatrali sempre di pregevole livello artistico.

Non mancano occasioni per rendere festoso, allegro ed accogliente questo caratteristico paese che si fa conoscere per la tradizionale “Sagra del Castagnolo” organizzata dalla locale Pro-loco nel mese di marzo e una ricca attività nel periodo estivo con le manifestazioni, sagre e fiere organizzate dall’Amministrazione Comunale, dalle associazioni locali e dalla Pro-loco. Le strutture sportive presenti sul territorio hanno contribuito ad avvicinare i giovani allo sport: il Centro sportivo “F.lli Cervi” comprende un campo di calcetto, una palestra e un campo da tennis, in via Coppo è in funzione il nuovo Stadio Comunale; presso il Parco Rodari è presente un campo polivalente di basket-pallavolo e calcetto.

Palazzo Comunale, all’interno sono conservate tele attribuite a Lorenzo Daretti, pittore ed architetto, attivo nella seconda metà del XVIII secolo. Probabilmente di nascita anconetana si formò alla scuola bolognese del Bibbiena presso la quale apprese l’arte della rappresentazione prospettica. Sono inoltre presenti 12 tempere nelle lunette del soffitto, opera di Carlo Boria, pittore di Chiaravalle, eseguite negli anni ’80 e rappresentanti i momentmonte-san-vito-panorama-altoi salienti di vita e di storia locale del Novecento.

Chiesa Collegiata di S. Pietro Apostolo fu edificata nel 1753 su disegno dell’architetto Cristoforo Moriconi. E’ in stile tardo barocco con tratti Vanvitelliani e neoclassici. All’interno sono ospitati diversi dipinti tra cui una “Madonna del Soccorso” di Filippo Bellini (XV secolo) e “Il Salvator mundi” dell’anconetano Andrea Lilli (XVII). Da segnalare, inoltre, il prezioso coro ligneo, un antico Crocefisso del Seicento ed il grande organo a canne.

Produzioni tipiche ed economiche:

Il territorio del Comune di Monte San Vito è vocato alla produzione dell’olio di oliva; si coltiva quasi esclusivamente la varietà “Raggia” che produce un olio di un fruttato armonico leggermente mandorlato, prevalentemente dolce, con una punta di amaro e piccante, di colore giallo oro, e ad elevato contenuto in acido oleico. Le manifestazioni più importanti, che hanno attinenza con l’olio, sono: l'”Apertura dell’Orcio“, che avviene nel periodo di Quaresima, e la “Festa d’Autunno” che si tiene la terza domenica di Novembre, durante la quale possono essere gustati diversi piatti tipici locali conditi con l'”oio bono“. Inoltre è a disposizione per le visite, uno splendido e ben conservato Mulino dell’Olio, esistente nel Centro Storico da oltre 200 anni, che è simbolo di rilievo della civiltà e della cultura monsanvitese.

Santa Maria Nuova

 


Comune di Santa Maria Nuova

P.zza Mazzini, 1 – 0731 24971

www.comune.santamarianuova.an.it

comune@comune.santamarianuova.an.it

Le prime notizie relative ad un centro abitato di una certa consistenza, probabilmente fortificato, risalgono al 1201 anno in cui venne firmato un atto di sottomissione alla città di Jesi da Maria delle Ripe. Questa era infatti l’antica denominazione di Santa Maria Nuova ed era probabilmente dovuta al fatto che il castello sorgeva in una località caratterizzata dalla presenza di numerosi calanchi. Esso subì ricorrenti distruzioni fino a quando, tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo venne trasferito sulla sommità di un colle posto leggermente più ad occidente, luogo ritenuto più salubre e al nuovo insediamento venne dato il nome di Santa Maria Nuova. La fondazione del nuovo centro si fa risalire al 1472. Nei secoli successivi Santa Maria Nuova venne sempre considerata un’estensione territoriale del comune di Jesi, mentre cresceva la richiesta di autonomia a lungo perseguita ed ottenuta solo nel 1861, anno dell’Unità d’Italia.

Da sempre l’agricoltura ha rappresentato la parte più importante dell’economia locale, anche se ha subito una riduzione di addetti. I campi sono condotti a frumento, mais, barbabietole da zucchero e girasoli; la viticoltura fornisce piccole produzioni di buona qualità; gli ortaggi e la frutta colorano le tavole nei mesi più caldi. Nell’industria si distinguono le produzioni delle lavorazioni plastiche, del calzaturiero e del tessile. E’ ancora viva la tradizione del ferro battuto e della falegnameria.

 

Castelleone di Suasa

 

L’antico sito di Suasa sorge nella Valle adiacente il colle su di un terrazzamento vicino al fiume Cesano chiamato oggi Pian Volpello, sul quale in epoca medievale si sviluppa quello che é l’attuale centro.Nella valle si trovano i resti dell’antico municipio romano fondato ne III sec a.C. dopo la battaglia detta delle nazioni durante la 3 guerra punica tra l’esercito romano e l’alleanza tra le antiche popolazioni di etruschi, Sanniti, Galli Ssuasa1enoni e Umbri.

Questo sito si trova lungo l’antica via Flaminia e nei secoli fu un importante punto di rifetimento per le popolazioni di tutta la vallata fino ad ottenere nel I sec. d.C. un’autonomia politica e la ” dignità municipale ” che ne videro aumentare pregio e importanza a cui seguirono la costuzione di importanti monumenti come l’ anfiteatro, il teatro e il foro commerciale.

Questo patrimonio architettonico oggi fa parte di un “Parco archeologico Regionale della città romana di Suasa”  grazie agli scavi portati avanti dal Dipartimento di archeologia dell’ Università di Lettere di Bologna viene riportato alla luce il sito dell’antica città del periodo tardo imperiale e il suo patrimonio che ogni anno si arricchisce sempre di più vede già visitabile un’abitazione romana la ” Domus patrizia dei Coiedii ” del II sec. d.C. un museo a cielo aperto reso possibile grazie ad innovative passerelle che consentono la visita delle pavimentazioni formate da pietre marmoree policrome di uno splendido gusto. Fa parte del polo archeologico anche il grande anfiteatro che oggi viene imoreziosito nella stagione estiva da numerose manifestazioni e spettacoli teatrali.

suasaLa storia di questo piccolo centro abitato è costellata da numerosi passaggi di dominazione, dopo il declino della società e della sua economia tardo-imperiale diviene nel 1102 pissedimento della importante abbazia di Fonte Avellana prima e di quella di S. Lorenzo in Campo poi, nel periodo medievale è dominata dalla famiglia Castracane dalla fine del ‘300, per passare poi sotto il controllo dei Della Rovere dal 1474 che presero l’intera vallata sotto il loro dominio  dopo la salita al soglio pontificio di Papa Sisto IV appunto Della Rovere. Come per tutti i territori marchgiani il sito di Castelleone resta sotto il papato, prima con la famiglia ad esso legato che governò fino al 1641, poi rientrando nello Stato Pontificio.

L’attuale nome di Castelleone di Suasa risale al XIII sec. in sostituzione  di quello antico di Conocla e le sue mura cittadine sempre in quell’anno vengono estese all’attuale lunghezza che racchiude l’attuale centro storico medievale.

Nel suo territorio limitrofo i nuerosi centri abitati sono ciò che resta di antichi insediamenti che sono resistiti nei secoli, oggi formano i tanti borghi e frazioni di Suasa e ognueno è custode di Cappelle rurali che oggi racchiudono l’essenza della cultura sgricola e contadina del posto.

Il prodotto tipico della zona è la cipolla, ingrediente alla base dell’alimentazione e dell’economia del paese tanto che gli abitanti erano chiamati i ” cipollari “, ed oggi festeggiata in un evento gastronomico locale che si svolge alla fine di settembre.

All’interno delle mura cittadine è racchiuso il centro storico, arricchito da palazzi signorili uno spicca fra i tanti ed è il cinquecentesco Palazzo Campiano voluto ed abitato dall famiglia Della Rovere rima di tutto dal marchese Ippolito di San Lorenzo in Campo fino alla Duchessa Livia Della Rovere di Urbino a cui è intitolato il cortile della dimora. Attualmente ospita il Museo archeologico cittadino intitolato ad Alvaro Casagrande, inaugurato nel 2000 dove sono ospitati ed allestiti gli oggetti più significativi ritrovati a seguito degli scavi archeologici della città romana, dagli oggetti di uso comune e vita quotidiana a statue ed affreschi della Domus, questi ultimi insieme a quelli di Pompei sono un raro esempio pittorico dell’arte romana a noi quasi sconosciuta.


Borgo Medievale 
con parte delle mura perfettamente conservate; Palazzo Compiano – Della Rovere costruito dal Marchese Ippolito Della Rovere, fu residenza della figlia Livia, ultima Duchessa di Urbino. Da pochi anni proprietà comunale è sede del Museo Civico Archeologico.

Parco Archeologico di Suasa frutto di scavi anche recenti, in zona Pian Volpiello, è possibile amminare ciò che resta della ricchissima città di Suasa distrutta dopo l’età imperiale.

Chiesa Parrocchiale dei SS. Pietro e Paolo della seconda metà del ‘500, al suo interno pregievolil tele d’altare e un prezioso Crocifisso ligneo dele ‘600.

Chiesa di S. Francesco di Paola (XVII sec.) si segnala per l’originale facciata in stile centroamericano.

Cappella di S. Martino caratteristica chiesetta rurale dove in novembre, prima delle semine, avviene la tradizionale “benedizione dei semi”.

Montecarotto

 

Comune di Montecarotto

Via G. Marconi, 11 – 0731 89131

http://www.comune.montecarotto.an.it/

info@comune.montecarotto.an.it

Montecarotto entra a far parte della storia documentata a cominciare dai primi decenni del XII secolo. Notizie più precise di Montecarotto si hanno nel momento in cui emerge la realtà della Pieve omonima, una delle sette esistenti nel territorio diocesano di Jesi. La Pieve di Montecarotto, se non la più importante della Diocesi di Jesi, era certamente la più vasta, estendendosi per quasi 60 kmq. Montecarotto entrò a far parte del territorio di Jesi, come uno dei 16 castelli del suo Contado, anzi il più importante dopo Massaccio (oggi Cupramontana). Splendida la cinta muraria edificata nel 1509 su disegno dell’architetto Albertino di Giacomo da Cremona. Nel 1808 con la costituzione del Regno d’Italia napoleonico, cessava definitivamente l’antico rapporto tra Jesi e i Castelli del Contado che acquisivano autonomia. L’annessione delle Marche al Regno d’Italia nel 1860 significò ancora ulteriore riconoscimento dell’importanza di Montecarotto, che sul finire del secolo XIX superava i 3000 abitanti divenendo capoluogo di Mandamento, nella cui giurisdizione erano i comuni di Serra dei Conti, Poggio San Marcello, Castelplanio, Mergo e Rosora.

COSA VISITARE:

Mura Castellane (XVI secolo) edificate sulla precedente cerchia medievale sono tra le più notevoli fortificazioni della Vallesina.

Teatro Comunale (XIX secolo) costruito su disegno dell’arch. Raffaele Grilli di Jesi, è attualmente chiuso per lavori di ristrutturazione. In locali attigui è in allestimento il Museo della Mail Art.

Chiesa di San Filippo (XII secolo) già chiesa della Madonna delle Grazie, al suo interno spicca l’organo Vici (1830).

Chiesa del Crocefisso (XVIII secolo) conserva un pregevole Crocefisso ligneo del XVII secolo.

Collegiata della SS. Annunziata (XVIII secolo) edificata su preesistenti edifici, al suo interno sono conservati degli affreschi della scuola del Beato Angelco, una tela del Ramazzani del 1588 oltre ad altri interessanti dipinti, sculture lignee e oggetti di oreficeria.

Chiesa di San Francesco (XVII secolo) conserva una Natività di Antonio Massi di Jesi e un organo dell’istriano Pietro Nacchini (XVIII secolo).

Sassoferrato

 


Comune di Sassoferrato

Piazza Matteotti Centralino – 0732 9561

www.comune.sassoferrato.an.it/

Il centro è composto da una parte alta, il castello e da una parte inferiore, il Borgo. Caratteristica questa della città di origine medievale (la sua fondazione risale al 1150). Il paese sorge presso le rovine dell’antica città umbro-romana di Sentinum. Nel 295 a.C. nel suo territorio ebbe luogo la celebre battaglia con vittoria dei romani contro la lega dei Gallo-Sanniti, la città fu data alle fiamme dalle forze di Ottaviano durante la guerra dei Triumviri nel 41 a.C. Fu ricostruita in forma migliore per volere dello stesso Cesare Ottaviano Augusto. Sentinum scomparve tra l’VIII e X secolo, non per violenza nemica, ma come fu per quasi tutte le città picene per l’abbandono degli abitanti incapaci di difendersi dalle irruzioni nemiche, specialmente dai feroci Ungari.Sassoferrato_6

Area archeologica di Sentinum: sono qui visibili le strade (il Cardo e il Decumano), ruderi delle mura, pavimenti a mosaico, colonne di granito. Le attività di ricerca e le campagne di scavo, riprese negli ultimi anni, hanno consentito il rinvenimento di un importante sito termale pubblico, permesso di ricavare utilissime indicazioni sulla conformazione dell’impianto urbanistico di Sentinum e portare alla luce strade, fondamenta ì, tracce di pavimenti e fognature di alcuni edifici del centro urbano dell’antica città romana.

Museo civico archeologico: allestito all’interno di Palazzo dei Priori (XIV sec.), ospita numerose sculture ed altri reperti che documentano gli aspetti piu importanti della vita degli antichi sentinati. Su due distinte sale sono collocati altrettanti mosaici rinvenuti a Sentinum. Al piano inferiore del Palazzo è possibile visitare il grande plastico raffigurante la “Battaglia delle Nazioni” (295 a.C.) e la sala Perottina in cui è custodita una preziosa raccolta di reliquari bizantini e fiamminghi, tra cui l’icona di San Demetrio, opera d’arte di alto valore realizzata nel XIV secolo.

Museo delle arti e tradizioni popolari: allestito all’interno di Palazzo Montanari (XIII sec.) raccoglie le testimonianze di un tempo e di una civiltà, al fine di favorire la ricerca storica della cultura agricola e artigianale della gente e del territorio sassoferratese.

Civica raccolta d’arte: conservata dall’interno di Palazzo Oliva (XV sec.) comprende ventisei pregevoli dipinti databili dal Quattrocento alla fine del Settecento. Tra queste, tre tavole appartenenti a Pietro Paolo Agabiti (1965 o 1470 – 1540), eccellente pittore, architetto e ceramista e due tele di Giovan Battista Salvi (1609 – 1685), il grande pittore universalmente riconosciuto come Il Sassoferrato.

Raccolta “Incisori marchigiani” anch’essa conservata a Palazzo d’Oliva, ospita oltre quattrocento grafiche (tra cui diciassette disegni), realizzate da duecentodieci artisti marchigiani, numerosi dei quali di grande fama. Una significativa collezione che attraversa cinque secoli di storia calcografica marchigiana, interamente riprodotta in un pregevole catalogo. Di tale raccolta sono esposte novantanove opere, mentre le restanti sono conservate in un apposito archivio allestito all’interno dello stesso Palazzo Oliva.


Abbazia di Santa Croce: 
costruita dai Conti Atti, Signori di Sassoferrato, negli ultimi anni del XII sec. per i monaci camaldolesi, con materiali provenienti dalla romana Sentinum, costituisce una delle più importanti testimonianze d’architettura romanica della regione. Nella Chiesa, inglobata all’interno del complesso abbaziale, sono presenti affreschi del XIV sec.

Rocca di Albornoz con parco circostante; costruzione militaresca dal Cardinale Egidio Albornoz nel 1365.

 

Castelplanio


Piazza Mazzini, 1 – 0731813401

www.comune.castelplanio.an.it

comune@comune.castelplanio.an.it

E’ riconducibile l’origine di Castelplanio al vicino monastero di S. Benedetto dei Frondigliosi, dipendente dall’Abbazia di S. Elena come ricordato già nel 1199. Solo nel 1283 risulta la distinzione tra l’Abbazia di S. Benedetto ed il castello che sorgeva nella parte pianeggiante del colle, da cui appunto il nome Castel del Piano o Castelplanio. Dal sec. XIII fece parte del Contado di Jesi fino al suo definitivo scioglimento avvenuto nel 1808.

Nel 1443 subì, dopo lungo assedio, il saccheggio da parte delle truppe di Niccolò Piccinino in guerra contro Francesco Sforza da una decina d’anni signore di Jesi e dell’intera Marca. Tutta la cinta muraria, dopo il saccheggio, fu interamente ricostruita dagli abitanti superstiti. Come uno dei sedici castelli di Jesi, ne seguì le sorti fino all’Unità d’Italia.

Palazzo Comunale già dei conti Fossa Mancini, custodisce epigrafi romane e medievali che saranno presto il nucleo centrale di una Civica Raccolta in allestimento. L’interno è ricco di stucchi, tele e affreschi settecenteschi. L’Archivio storico conserva importanti manoscritti del ‘500.


Il Castello 
la cui struttura, nonstante rimaneggiamenti successivi, ancora rimane. La linea d’impianto ha forma quasi circolare ed interessa un’area piuttosto ristretta.

Abbazia di San Benedetto dei Frondigliosi sorse nell’XI secolo come “canonica”, cioè come monastero ad opera di monaci chiamati “canonici regolari” e si unì ben presto all’abbazia di Sant’Elena.

Chiesa Parrocchiale di S. Sebastiano fu eretta nel 1878 su disegno di Mattia Capponi, architetto cuprense (1720-1803).

Chiesa del SS. Crocifisso la prima costruzione è del XVII secolo; fu ricostruita nel 1870 su disegno di Raffaele Grilli di Jesi. 

Montemarciano

Comune di Montemarciano

Via Umberto, 1 – 071 9163310

www.comune.montemarciano.ancona.it

Il territorio del Comune di Montemarciano e più particolarmente la zona di Marina di M. fu certamente sede di insediamento romano, come testimoniato da recenti rinvenimenti: forse una “mutatio” o stazione di cambio lungo la via costiera. Lungo la sttale 16, il Mandracchio risalente al 1400, rimane ancora come testimonianza dell’antica stazione di posta. Nel Medioevo, Montemarciano e Cassiano erano sedi di castello, e nel XV e XVI secolo il castello di Montemarciano fu “Vicariato” dei Malatesta e dei Piccolomini, feudatari in nome della Chiesa e di quest’epoca rimangono gli antichi Statuti, preziose testimonianze degli usi e costumi del tempo. Dopo il breve ducato di Ercole Sfrondati (1591-1593) il paese tornò in dominio diretto dello Stato Ecclesiastico, affidato al governo della camera apostolica fino all’annessione al Regno d’Italia.

Montemarciano è un borgo ricco di storia e cultura e questo è documentato da numerosi luoghi ricchi di interesse storico e culturale tra cui: 

Teatro Comunale “Vittorio Alfieri” costruito nel 1886-87 su progetto di G.B. Marotti, presenta due ordini di palchi a “ferro di cavallo” con decorazioni alla platea dell’anconetano Buratti e al sipario del romani Alberici. Restaurato e restituito all’originaria funzione, costituisce indubbiamente una struttura importante per la vita culturale comunale del circondario.

Mostra Malacologica e raccolta fossili, allestita nel Palazzo della Cultura e delle Associazioni (ex sede municipale) – Via umberto I°, 18 – Montemarciano.

Parco e Villa Comunale “Colle Sereno” Ottocentesca residenza signorile, in panoramica esposizione all’inizio dell’abitato di Montemarciano. Note di interesse micologico: in una specifica area del Parco nasce, di tanto in tanto, un fungo rarissimo (Lyphyllum hypoxanthum), rinvenuto soltanto in Francia, vicino alle foci del fiume Rodano.

Villa Florida Già “Palombara della Signora”, cinquecentesca tenuta di Ippolita, moglie di Alfonso Piccolomini.

Fonte Bella nota come pubblica fonte detta “della Selvettina” sin dal 1400, ristrutturata nel XIX secolo ed oggetto di un recente intervento di restauro.

Mandracchio di Case Bruciate edificio risalente al XV secolo, eretto dai Malatesta con funzione di osteria portuale e successivamente adibito a posta dei cavalli di Case Bruciate.

Villa Marzocchi già “Baccarini-Honorati” (XVIII secolo)

Affreschi ottocenteschi del Diotallevi si trovano sulle volte dei portici di Via Falcinelli e rappresentano le “quattro stagioni”, “grottesche” e “paesaggi”. 

Scultura “Le MMontemarciano3use ritrovate” opera realizzata in bronzo dal noto scultore contemporaneo montemarcianese Claudio Candelaresi. Si trova all’interno dei “Giardini 8 Marzo”, di Marina di Montemarciano.

In questa bellissima cittadina sarete completamente immersi nella storia e nella cultura per rivivere a pieno i tempi del passato.

Senigallia

S’nigaja in dialetto o anche Sinigaglia, nome usato fino agli inizi del XX secolo,è il secondo comune della provincia per popolazione, dopo il capoluogo Ancona. La zona di Senigallia è il confine linguistico fra i dialetti gallo-italici e quelli italiani propriamente detti.

 UNA SPIAGGIA DI VELLUTO

Senigallia è dal 1853 una delle capitali del turismo balneare della costa adriatica. Tredici chilometri di sabbia dorata disegnano il profilo di una città che si è guadagnata l’appellativo di “spiaggia di velluto”. Tutto a Senigallia riesce a far sentire il visitatore perfettamente a proprio agio: il mare pulito e sempre balneabile, i servizi turistici efficienti, una perfetta accoglienza.

Una città a misura d’uomo, da vivere intensamente camminando sotto i Portici Ercolani o lungo le eleganti vie del centro storico o magari percorrendone le piste ciclabili che l’attraversano al riparo dall’aggressione delle auto. È proprio questa qualità urbana speciale che ha permesso a Senigallia di conseguire il prestigioso riconoscimento di Città Bandiera Blu d’Europa.

 

 

SUMMER JAMBOREE

Divenuta  oramai meta di fama europea grazie al summer jamboree il festival anni 50 che per oltre una settimana veste la città di Senigallia riportandola indietro nel tempo, attirando turisti da tutto il mondo.

UNA CITTA’ D’ARTE

Fondata dai Galli Senoni nel 389-83 (da cui deriva il nome ) sorge sulle sponde del  fiume Misa affacciata al medio Adriatico e queste furono probabilmente le caratteristiche favorevoli che spinsero questo popolo insediatosi nelle zone a nord delle attuali Marche a giungere fino a qui, come narra la leggenda di Brenno, il capo dei Galli che di questa città ne fece la sua capitale in Italia, vincendo numerosi eserciti romani e che solo dietro una cospicuo tributo la consegnerà al dominio di Roma.

Con Pesaro e Fano entrò a far parte, sotto l’Esarcato di Ravenna, della Pentapoli Bizantina fino alla restituzione dei territori al Papa di Roma. Conobbe un periodo molto florido economicamente intorno al XIII sec. nel quale venne istituita la  “Fiera della Maddalena” per conoscere poi un periodo buio che ne vide il decadimento strutturale e l’impoverimento culturale ed economico e perfino lo spopolamento durante il periodo delle lotte fra Guelfi e Ghibellini con la sua distruzione muraria, fino a quando Papa Gregorio XI non riportò la sede Papale da Avignone a Roma riprendendo il possesso dei territori pontifici.

La sua ricostruzione nonché rifondazione strutturale sopratutto avvenne grazie all’interesse della Famiglia dei Malatesta di Rimini e più precisamente di Sigismondo Pandolfo, una rinascita che portò sopratutto ricchezza nuova, richiamò le antiche popolazioni cittadine, rifacimento delle mura difensive e dei bastioni, e richiamò numerose popolazioni dall’Italia che ne diedero nuova linfa economica come avvenne con la comunità ebraica.

La città dopo la dominazione malatestiana ritorna sotto dominio diretto papale in quanto lafamigla aveva accumulato numerosi debiti, subentrò cosi l’amministrazione della Famiglia della Rovere  e con Giovanni nipote appunto del Papa.

Tra il XV e il XVI sec. degna di nota fu la dominazione della Famiglia Borgia, con Cesare detto il Valentino salito alle cronache Macchiavelliane per la ” Stŗage di Senigallia”  in quanto il valentino richiamò tutti i suoi antichi alleati che a seguito de tradimento si erano ravveduti, ed eglicon l’inganno della riappacificazione li fece uccidere tutti. Caduti i Borgia nel 1503 si riaffacciarono i della Rovere sulla scena, ma sta volta la città entro  far parte del Ducato di Urbino insieme a Pesaro e Fano fino alla loro definitiva caduta e riconsegna di tutti i territori alla Chiesa per la mancanza di un erede maschio nel 1626.

Ai Della Rovere si deve la costruzione della Rocca Roveresca del Palazzo Ducale e della Chiesa della Croce all’interno delle mura, inoltre l’attuale quartiere Porto e il conseguente allargamento delle mura sulla riva sinistra del fiume,, inoltre con l’istituzione dei ” dazi doganali” la Fiera prenderà il nome di Franca e diventerà una delle più importanti fino al Mediterraneo.

Nel 1700  l’importanza della Fiera fu così decisiva per Senigallia che ne derivò l’allargamento delle sue mura, la costruzione dei portici Ercolani a ridosso del fiume, dedicati al Cardinale omonimo che ne istituì i lavori; L’uso dei portici era strettamente legato alle attività commerciali, come magazzini e depositi delle merci, nonché per la vendita  dei prodotti nelle botteghe.

Sempre a questo secolo deriva la costruzione del Teatro Cittadino poi chiamato “La Fenice”, in quanto i festival musicalie le opere venivano fatti coincidere con il periodo in cui veniva allesta la Fiera Franca.

Nel periodo ottocentesco infine le vicende napoleoniche e della successiva unificazione italiana videro protagonisti sia la città che i suoi limitrofi, inoltre un rampollo della prestigiosa Famiglia Mastai-Ferretti divenne con il nome di PIO IX l’ultimo Papa-Re.

L’economia cittadina subì un brusco arresto con la perdita di importanza della sua Fiera e relativi commerci in quanto l’asse economico dal Mediterraneo si spostò nell’Atlantico, ma nel frattempo la sua nuova vocazione, che la renderà importante nel ‘900, si affacciava sull’economa locale, il turismo con la nascita nel 1853 del primo Stabilimento Balneare.

 Con un contesto storico così ricco a Senigallia possiamo innanzi tutto visitare la sua Area Archeologica ” LA FENICE”  sotto il teatro moderno, visitabile tutto l’anno, in cui a seguito degli scavi di rifacimento dello stesso teatro sono riemersi l’intersezione di Cardo e Decumano, con i segnindelle ruote dei carri che vi passavano, dell’antica Seni Gallica, un’ampia domus, signorile di cui sono conservati i pavimenti e l’ impluvium dell’atrio, inoltre anche delle numerose tombe medievali, delle quali una è stata allestita per essere vistata.

ROCCA ROVERESCA  voluta dai Giovanni Della Rovere dalla quale Signoria prende il nome è costruita tra il XIV e il XV sec. in laterizio e in stile rinascimentale ad oggi vediamo il risultato di rifacimenti centenari dettati anche dai vari usi primo tra tutti fortezza di difesa dal mare ei ipotizzano anche una serie di tunnel sotterranei che servivano ai signori di fuggirein caso di attacco. Giovanni chiamò l’architetto di Corte Laurana e dopo la sua scomparsa gli  successe Baccio Pontelli, la sua architettura originaria era ancora più scarna con un solo torrione, cosi voluta come residenza mesta della famiglia ai tempi molto religiosa e che rifuggiva dalle ostentazioni di fasti e ricchezze, prima di spostare poi la corte nel di fronte Palazzo Ducale, che ne diverrà la dimora di rappresentanza  voluto nella mèta del XVI sec. da Guidobaldo II della Rovere e successivamente ampliato da Francesco Maria II. Decorato al suo interno con un importantissimo soffitto a cassettoni del pittore Taddeo Zuccari. Terzo edificio che orla la piazza con la “fontana dei leoni” costruita con il palazzo Ducale per le parate e i cortei militari è il Palazzo Baviera costruito e voluto sul finire del XV sec., lo stesso periodo di ampliamento della Rocca, da Giovanni Giacomo Baviera. All’interno troviamo cinque sale impreziosite da stucchi databili 1590 dallo scultore  Federico Brandani .

Infine a metà del Corso 2 giugno nel centro della città l’ultimo edificio civile seicentesco è il Palazzo del Governo attuale sede del Comune realizzato dall’architetto urbinate Muzio Oddi  lo stesso che poi vi collocherà la fontana del Nettuno Di origini romane.

 Il Foro Annonario  un’ampia piazza circolare ottocentesca in stile neoclassico con un colonnato porticato circolare con colonne doriche e nella sovrastante struttura oggi è ospitata la biblioteca Comuna

Cerreto d’Esi

 Comune di Cerreto d’Esi

Piazza Lippera, 5 – 0732 679000

http://www.cerretodesi.pannet.it

info@comune.cerretodesi.an.it

Durante le invasioni dei Longobardi gli abitanti di Tuficum sfuggiti ai saccheggi cecarono rifugio nelle zone collinari circostanti. 
Così si formò il primo nucleo di Cerreto d’Esi, fortificato poi con alte mura fino a divenire un castello caposaldo del generale Belisario durante la guerra greco-gotica. Nel Medioevo ebbe autonomia legislativa come risulta dagli statuti del 1530. L’attuale paese si è sviluppato attorno al centro storico di cui rimangono la Porta Giustiniana e soprattutto la Torre civica detta “di Belisario”. Cerreto d’Esi economicamente è a metà tra industria e agricoltura: anche qui si produce l’ottimo “Verdicchio di Mate-lica”.

UNA VISITA A…

Il Castello (VIII secolo) con schema ortogonale, tipico dell’accampamento romano, ha la Porta di Giustiniano, il torrione dell’Agostino, il maschio a fianco dell’ingresso principale e la “Torre del Belisario”, rotonda e unica nel suo genere. La torre, alta 27 m. con un diametro di 6, ha sulla parte superiore delle aperture rifatte in epoca molto recente, cinque ambienti interni e un ponte levatoio d’ingresso.


Chiesa Collegiata di S. Maria della Piazza 
(riedificata nel ‘600) con un veneratissimo Crocifisso ligneo del XVI secolo.

Chiesa di S. Maria della Porta (XIII secolo) conserva le tombe dei conti Attoni e una particolare “natura morta” del XVII secolo.

Chiesa dell’Annunziata (XVI secolo) arricchita da donazioni di famiglie nobili.

Sono da segnalare nei dintorni anche:

la chiesetta detta “L’Incrocca“, appartenuta ai nobili Ramelli di Fabriano; la Chiesa della Madonna della Venza; laChiesa delle Grazie, che conserva una statua della Madonna col Bambino molto cara ai devoti; la Chiesa di S. Giovanni Battisti (XIII secolo); la Chiesa di S. Leopardo (XVII secolo); infine la Chiesa di S. Lucia, ora di proprietà privata.

Monterado

 

Comune di Monterado

Piazza Roma, 23 – 071 7957135

http://www.comune.monterado.an.it

comune.monterado@provincia.ancona.it

Si ritiene che la zona di Monterado sia stata abitata fin dall’antichità, in base ai reperti archologici rinvenuti presso la zona di Ripabianca. Molte ipotesi sono state avanzate circa l’origine del nome e quella di Monte Arato è ritenuta la più vicina alla realtà considerando che dopo le invasioni barbariche, il territorio era diviso in fondi ben coltivati all’ombra di Chiese e Monasteri. L’anno 1267 viene generalmente indicato come quello di nascita del borgo. Già libero comune, Monterado presenta una storia comune a quella di Senigallia, Castelcolonna e Ripe. Nel XVII secolo entrò a far parte dello Stato della Chiesa e inserito nella legazione di Urbino. Ritornò sotto lo Statuto Pontificio dopo la parentesi rivoluzionaria e napoleonica. Nel 1860 fu annesso al Regno d’Italia. Un antico borgo medievale con le piccole vie lastricate di pietra, al centro del Palazzo Cinciari seicentesco che incorpora i resti di una fortezza del Quattrocento, attorno il grande bosco che si distende verso la vallata, punteggiata dalle case degli agricoltori.

Un antico borgo con le tracce delle antiche mura, con la sua saggezza di vita, non casualmente inserito nel paesaggio, che permette di approfittare del mare, a poca distanza, se

nza dover convivere necessariamente con la nevrastenia da abbronzatura. Monterado è un piccolo centro collinare attivo e vivace posto sul versante destro della Valle 

 del Cesano, a quindici chilometri da Senigallia: l’aria buona, la posizione, la cordialità degli abitanti, la serena atmosfera di vita ne fanno un luogo adatto a una gita o a un soggiorno tranquillo e riposante. Si ritiene che la zona di Monterado sia stata abitata fin dall’antichità sulla base dei reperti rinvenuti presso la zona di Ripabianca, tra i quali oggetti in ceramica a decorazione impressa, che ci forniscono un quadro abbastanza chiaro delle prime civiltà agricole delle Marche, insieme alle ceramiche tipo Ripoli e tipo Lagozza dello stanziamento di S. Maria in Selva di Macerata. Ai nostri giorni si presenta al visitatore come un luogo serenamente attivo. All’agricoltura, un tempo unica risorsa della zona, si sono venute affiancando attività artigianali e industriali esplicate soprattutto nei settori metalmeccanico, chimico e calzaturiero. Sono attivi alcuni centri culturali come il Centro Sociale di Educazione permanente che dispone anche di una Biblioteca. E’ stata aperta una palestra polivalente, campi da tennis e giochi di bocce si sono affiancati al campo di calcio. Manifestazioni di varia natura costituiscono occasioni di arricchimento culturale e di svago per cittadini e turisti.

Serra de’ Conti

 

Il centro storico di Serra de’ Conti, una delle terre murate più ampie della provincia, conserva quasi  quasi intatto l’impianto urbano medioevale.

 

 

 

Fra XII e XIII secolo fu istituita la Pieve ad opera dei monaci benedettini provenienti dall’Abbazia di Santa Croce in Fonte Avellana (Sassoferrato), e fu anche costruito il “castrum” per iniziativa di consorterie gentilizie originarie in parte dell’area preappenninica longobarda. Ad esse appartennero i Conti che governarono, in nome dell’impero, il primitivo castello fino a quando, verso il 1230, prese avvio l’Associazione comunale. Da questo periodo, nonostante le limitazioni politiche imposte dall’alleanza con la vicina città di Jesi, il comune conobbe un rapido sviluppo territoriale e un periodo di relativa floridità economica, dovuta ad una ricca agricoltura e ad una vivacità commerciale.

COSA VISITARE

Castello e città muraria quasi completamente intatti, con dieci torrioni e l’imponente porta fortificata.

Monastero di S. Maria Madddalena (XV secolo) tutt’ora abitato da monache Clarisse francescane, ha una struttura fortificata. Il convento si segnala per notevoli opere d’arte, ma soprattutto per una ricca collezione di strumenti artigianali che presto saranno esposti in un Museo delle Arti Monastiche.

Palazzo Comunale ex educandato del monastero, conserva quattro interessanti affreschi.

Chiesa di S. Croce (XVI secolo) e Palazzo Honorati-Trionfi entrambi su via Garibaldi e vicino al pittoresco Vicolo Cafoscolo.

Monastero femminile di S. Carlo Borromeo costruito nel 1600 accorpando antiche strutture medievali.

Chiesa di S. Michele (XII secolo) edificata dai monaci benedettini dell’Abbazia di Sitria, è d’impianto romanico; mentre gli affreschi presenti vanno dal 1300 al 1800.

Chiesa rurale di S. Fortunato (XII secolo) sorge in territorio di confine tra Montecarotto, Ostra Vetere e la stessa Serra. Appartenuta alla Chiesa di Ravenna, fu ricostruita nel 1400.

 

UN COMMERCIO IN CRESCITA

Serra de’ Conti, al pari di altri centri rurali marchigiani, nell’immediato dopoguerra viveva ancora di una agricoltura povera, dalle scarse fonti occupazionali, generatrice di emigrazione diffusa.

All’inizio degli anni ’60 iniziò un processo di radicale cambiamento; imprenditori locali diedero origine alle prime industrie calzaturiere che diedero una spinta notevole alla crescita economica del territorio. Nello stesso tempo avevano inizio esperienze produttive in altri settori, dalle minuterie metalliche tornite all’abbigliamento.

Nell’agricoltura si fermò l’abbandono e, al contrario, il processo generale di crescita contribuì alla modernizzazione del settore con specializzazioni legate alla zootecnica e viticoltura, particolarmente importante nella zona del Verdicchio DOC.

Chiaravalle

Comune di Chiaravalle

Piazza Risorgimento, 11 – 071 742373

www.comune.chiaravalle.an.it

info@comune.chiaravalle.an.it

La città fondata sull’Abbazia cistercense di Santa Maria in Castagnola risale al 1172 anno in cui si iniziò a costruire la stessa Abbazia. La storia moderna di Chiaravalle prende l’avvio nel 1759, anno in cui nasce la lavorazione del tabacco. La manifattura tabacchi è cresciuta via via fino a diventare una delle più importanti industrie della regione, permettendo così la nascita e lo sviluppo di quello che è attualmente il centro urbano della città di Chiaravalle. Tra le figure illustri nate in questa città è da annoverare la grande pedagogista Maria Montessori (XIX secolo) e sicuramente una delle personalità più importanti a livello mondiale nel campo dell’educazione dell’infanzia. Alla Montessori è intitolata una Fondazione.

L’unico vero monumento è l’Abbazia di Santa Maria in Castagnola che, con la pertinenza abbaziale rappresenta un esempio qualificato e prestigioso del romanico gotico in Italia. La concezione stilistica della facciata dellal chiesa abbaziale richiama il sistema costruttivo della Lombardia nelle forme del transetto però c’è una innovativa soluzione architettonica con la sopraelevazione della cuspide rispetto al tetto, una soluzione che non esiste in nessun altro esempio dell’architettura cistercense in Lombardia. La pertinenza abbaziale si presenta con un chiostro che risale alla metà del 1700. La pertinenza abbaziale si presenta con un chiostro che risale alla metà del 1700 attorno al quale successive edificazioni hanno fatto nascere un impianto edilizio notevolissimo per l’interessante sovrapposizione degli stili. Sono pressochè intatte la sala dei monaci e la sala dei conversi ed essendo la pertinenza stata usata come magazzino per la Manifattura Tabacchi le successive modifiche edilizie hanno dato vita a spazi che possono essere considerati in parte come luoghi di archeologia industriale.

Abbazia di Santa Maria in Castagnola rappresenta un esempio qualificato e prestigioso del romanico gotico in Italia. La concezione stilistica della facciata richiama il sistema costruttivo della Lombardia, nelle forme del transetto c’è però la sopraelevazione della cuspide rispetto al tetto, una soluzione che non esiste in nessun altro esempio dell’architettura cistercense lombarda. Sono pressochè intatte la sala dei monaci e la sala dei conversi.

Teatro Comunale (XIX secolo) è un esempio tipico di sala da spettacolo con placca a ferro di cavallo e tre ordini di palchi. E’ stato inaugurato il 25 ottobre 1997, dopo i lavori di restauro.

Biblioteca Comunale (20.000 volumi circa). E’ ben dotata nel settore contemporaneo ed ha una ricca sezione ragazzi. Organizza manifestazioni e iniziative per la promozione alla lettura.

Serra San Quirico

 


Comune di Serra San Quirico

Piazza della Libertà, 1 – 0731 8181

www.comune.serrasanquirico.an.it

protocollo@serrasanquirico.pannet.it

Questo colle è propaggine di una montagna che, con la sua massa imponente, incombe sull’intero paese: monte e paese sono un unico blocco inseparabile. La “nave” o meglio, il “galeone” è Serra San Quirico, paese antico dai trascorsi illustri.

La storia di Serra risale ai tempi dell’espansione romana verso l’Umbria e il Piceno, ossia al III secolo a.C., quando Roma riuscì definitivamente a prevalere sui Galli. Secondo la tradizione, l’originario avamposto militare divenne un vero e proprio centro abitato, nel 163 a. C.

marche_h23dz.T0
Verso il X secolo il borgo assunse una configurazione simile all’odierna, allorchè fu dotato di mura e rocca. Dopo essere stato libero comune nel corso del XIII secolo, Serra passò, durante il Trecento, sotto il dominio della Chiesa, che ne fece una cittadella in armi e vi stanziò un’agguerrita milizia. Nel 1374 infatti furono ultimate le opere di riedificazione del Cassero, la fortezza più importante, e delle mura, rinforzate da dodici torri. Francesco Sforza la espugnò nel 1444. In epoca rinascimentale, Serra fu anche un fervido luogo di cultura: ebbe una cattedra di lettere greche, vi soggiornò Annibal Caro, l’insigne letterato che volgarizzò l’Eneide. Molti Serrani, sin dal XV secolo, si dedicarono alla lavorazione del salnitro per la fabbricazione della polvere da sparo, attività che proseguì fino alla proclamazione del Regno d’Italia.


Le Copertelle: 
Sono passaggi coperti a ridosso delle mura, forse di origine longobarda, sono sovrastati a loro volta dalle abitazioni. Ne risulta un complesso inespugnabile. In tempo di pace le copertelle rappresentavano la sede delle attività artigianali delle varie corporazioni.

La Torre del Cassero: E’ una torre di difesa del ‘300, baluardo del paese e punto di vedetta per dominare la Vallesina. La Torre rappresenta l’elemento principale del complesso denominato “Il Cassero” concepito come una fortezza nella fortezza e costituito da due torri e dalla Casa del Capitano.

Chiesa di Santa Lucia: risalente alla fine del XIII secolo, fu totalmente distrutta e ricostruita nel 1650 in stile barocco. E’ ricca di opere di pregio come l’altare dei marmi policromi (1739) e le cinque grandi tele absidali realizzate da Guido Reni, Pasqualino Rossi Romanelli, Giuseppe Cesari detto Cavalier d’Alpino.

Chiesa di S. Quirico: dedicata ai Santi Quirico e Giuditta fu fondata nei primissimi anni dopo il 1000. Più volte ristrutturata fu completamente rifatta dopo il disastroso terremoto del 1744. La chiesa ha titolo di “pieve”. Nell’abside è custodita la reliquia della SACRA SPINA (che componeva la corona di Cristo). 
La Spina si presenta con la punta mozza e macchiata di sangue.

Chiesa di San Francesco: è la più grande del paese. Costruita nel 1262, con l’annesso convento dei francescani ora adibito ad abitazioni private.

Ex chiesa Santa Maria del Mercato: edificio in stile romanico del 1289. L’elemento principale è il campanile a pianta quadrata considerato il più bello della Vallesina. L’esterno conserva ancora i tratti originali, mentre l’interno è profondamente cambiato per essere adibito a teatro.

Numana

Comune di Numananumana

Via Litoranea, 2 – 071 7390179

http://www.comune.numana.an.it/

La storia di Numana ha origine quando 2.500 anni orsono i primi coloni greci conolizzarono questo angolo d’Italia, attratti dalla bellezza dei luoghi e dalla presenza di sicuri approdi. Della sua gloriosa e travagliata storia rimangono i reperti piceni sparsi in tutti i musei del mondo tra cui il Metropolitan Museum di New York, le pietre romane incastonate nella “Torre” e l’acquedotto romano che, fino a poco tempo fa, portava acqua alla fontana della chiesa. Nell’VIII secolo a.C. Numana, già porto dei Piceni, fu molto frequentata dai Greci. Sono poche le città italiane che possono vantare una storia tanto antica e tormentata. Nel VI-V secolo a.C. Numana risultava essere un importantissimo emporio commerciale del mondo allora conosciuto, con centinaia di navi che trasportavano i prodotti dell’industria e dell’arte greca. Con la conquista del Piceno, da parte dei romani, la città cadde in servitù, mantenendo comunque una certa importanza. I secoli del Medioevo vedono la lenta ed inarrestabile decadenza di Numana, che passa da floridissimo centro commerciale, incluso fra le città della pentapoli marittima, ad una fase di decadimento anche a seguito di una serie di saccheggi e di distruzioni. 

 numana anconaCOSA VISITARE:

Testimonianze storiche sono presenti lungo le strade di Numana, ruderi di epoca romana e successive, come la Fontana in via Morelli con le sue 5 bocche;


Palazzo Vescovile 
oggi sede del Municipio;

Chiesa del Crocefisso che si affaccia su P.zza del Santuario, qui è custodito il S.S: Crocifisso di Numana, opera tra le più enigmatiche e belle della cultura cristiana, oltre a tele ed affreschi del Lilli;

Antiquarium Statale dove sono esposti reperti di epoca picena relativi al territorio di Sirolo e della stessa Numana. Importanti sono anche alcuni reperti romani come la stele di Chelido. Da ricordare sono le zone limitrofe, che offrono l’occasione di visite e gite.

Parco regionale del Conero ricco di flora e fauna, il massiccio del Monte Conero si erge per 572 mt. sul livello del mare ed è possibile visitarlo attraverso i vari sentieri che lo attraversano.

Cupramontana

Comune di Cupramontana

Via N. Sauro, 1 – 0731 786845

www.comune.cupramontana.an.it/

comune@comune.cupramontana.an.it

Cupra Montana, nel Medioevo Massaccio fino al 1861, trae il suo nome proprio dalla dea Cupra, divinità analoga alla dea Bona, Venere, Afrodite o Astarte, che presiedeva alla fecondità, alla fertilità, all’amore: un intreccio millenario sedimetatosi in tradizioni, riti, consuetudini, nomi ed espressioni che formano l’humus di una civiltà legata alla coltivazione della terra e particolarmente della vite. Furono infatti i monaci benedettiniprima, e camaldolesi poi nei secoli VIII-XI, a reintrodurre in maniera significativa nel territorio la coltivazione della vite dopo che la guerra greco-gotica del VI secolo d.C. aveva completamente distrutto l’antico municipio romano di Cupramontana, facendone perdere per secoli ogni traccia. La 
coltivazione della vite si accrebbe di decennio in decennio sulle areee lasciate libere dal dissodamento dei 13106boschi e delle selve; già nel ‘500 troviamo vigneti a coltura intensiva e viti maritate con acero campestre, tecnica questa usata fino a qualche decennio fa. Nel ‘700 si ha poi una produzione viti-vinicola abbondante con esportazione del prodotto in altre regioni. La coltivazione specifica del vitigno Verdicchio si intensifica nella seconda metà dell’Ottocento, trovando condizioni ottimalil a livello geomrfologico e microclimatico nei pendii collinari del territorio. Nei primi anni del Novecento si inizia la lavorazione industriale del vino con la spumantizzazione e l’imbottigliamento. Da oltre mezzo secolo viene riconosciuto a Cupra Montana il nome di “Capitale del Verdicchio” quale centro e zona dove vitigno e vino hanno trovato diffusione e produzione, supportate da importanti iniziative promozionali.

COSA VISITARE:

Palazzo Comunale (XVIII secolo) è uno degli edifici più importanti della cittadina. Realizzato in stile neoclassico con la torre civica a vela, conserva al suo interno la
pidi d’epoca romana e medioevale. Vi ha sede anceh la Biblioteca Comunale istituita nel 1872 con i fondi librari dell’ex Eremo delle Grotte. Ha in dotazione circa 15.000 volumi, tra cui 480 edizioni del Cinquecento ed 80 preziosi incunaboli. Notevole anche l’archivio storico comunale con documentazione catastale dal sec. XV.

Chiesa di S. Leonardo (XVIII secolo) al suo interno conserva tele di Antonio Sarti, Pietro Paolo Aquilini, Clemens Kapp, una tela su tavola di Marcantonio di Andrea da Jesi (1492) e paliotto in legno scolpito.

Chiesa di S. Lorenzo (XVIII secolo) realizzata su disegno di Mattia Capponi, per eleganza e proporzionalità è probabilmente il suo capolavoro. Vi sono conservate tele di Pietro Locatelli di Roma (1640-1710) e di Francesco Appiani (1704-1792).

Enoteca Comunale ubicata in Palazzo Leoni, è stata inaugurata nel settembre 1990. I locali opportunamente restaurati creano un clima accattivante e gentile.

Museo internazionale dell’etichetta ospitato in Palazzo Leoni (XVIII secolo), costruito su progetto di Don Apollonio Tucchi monaco camldolese, è stato aperto nel settembre 1987 ed ha un patrimonio di circa 100.000 etichette di vini provenienti da tutto il mondo.

Chiesa abbaziale del beato Angelo (Santa Maria in Serra) complesso monastico, ricordato per la prima volta nel 1180, ma certamente più antico; fu costantemente di obbedienza camaldolese. All’interno oltre al corpo del Beato Angelo Urbani martirizzato nel 1429, è visibile una pregevole tela “Incoronazione della Vergine” dipinta da Pier Francesco Fiorentino del 1496 c.a.

Offagna

 

Comune di Offagna

Piazza del Comune, 1 – 071 7208869

http://www.offagna.org

segretario.offagna@provincia.ancona.it

Offagna è un paese dell’immediato entroterra di Ancona, situato a 309 metri s.l.m. e facilmente raggiungibile per chi arriva in macchina utilizzando l’autostrada; infatti dista soltanto 6 km. dall’uscita dell’A14, casello di Ancona Sud. Il paese ha caratteristiche prettamente medieveali e tutt’ora è possibile visitare la bellissima Rocca del XV secolo, il torrione della fine degli anni mille, la Chiesa del Sacramento del XVII secolo attribuita al Vici. A questi monumenti vanno aggiunti l’ampio panorama che si apre sulle colline fino al mare e l’atmosfera di tranquillità, di serernità e di cordialità che regna in questo borgo. Inoltre Offagna offre al visitatore una cucina casalinga e i dolci preparati rispettivamente dalla trattoria Alocco e dalla pasticerria Piero, che contribuiscono insieme con tuti gli altri negozi e bar a rendere piacevole una passeggiata nei vicoli.


La Rocca Medioevale: 
la cultura storica di Offagna è bastata sulla sana e genuina civiltà contadina ed il monumento più importante del paese è senz’altro la rocca medievale, che ancora si erge maestosa. Il fortilizio venne costruito tra il 1454 ed il 1456, potenziando un antico castello preesistente, nella parte più elevata del colle che domina la vallata dell’Aspio. Posta su una rocca di tufo, le cui massiccie pareti, con alcuneOffagna_panorama grotte, sono state messe in evidenza negli ultimi tempi, assume, proprio per la sua posizione, un aspetto più imponente. Tale presidio tutelava quel territorio soggetto ad Ancona e fu al centro di numerose operazioni militari, come il conflitto sanguinoso che gli anconitani e gli osimani ivi sostennero il 27 giugno 1477. Come riferisce il Grillantini, decano degli storici locali, già nel 1470 sorsero gravi contrasti fra anconetani e osimani, a causa di sconfinamenti e omicidi, tra cui la famosa strage di maiali di proprietà di Boccolino da Guzzone, famoso ed irrequieto capitano di ventura di origine offagnanese, ma allora osimano. La colorita vicenda diede origine alla “Battaglia del porco”. La Rocca conserva ancor oggi un fascino particolare: l’edificio è a pianta quadrangolare con mastio eccentrico avanzato rispetto al corpo, che ospita il ponte levatoio. 
Camminamenti e sale, fra cui quella di tortura, suggeriscono al visitatore antiche atmosfere, che si condensano allorchè si giunge sulla sommità del mastio: da lassù, avvolti dal vento che frequentemente vi spira, si può godere un panorama di ampia visuale, che rivela le bellezze paesaggistiche marchigiane e l’importanza strategica del fortilizio. Per gli appassionati di notizie storiche, si segnala che nel punto più alto si trova una campana bronzea, fusa nel 1477 da Giacomo di Istria, con inciso uno dei più antichi stemmi del comune di Ancona raffigurante il cavaliere. La Rocca negli ultimi anni ha ospitato e continuerà ad ospitare mostre archeologiche realizzate dalla Sovraintendenza delle Marche in collaborazione con il Comune e la Pro Loco locale.

Museo della Rocca e delle Armi Antiche: a pianta quadrangolare con mastio e torri (XV secolo), ospita mostre archeologiche realizzate dalla Sovraintendenza delle Marche in collaborazione con il Comune e la Pro Loco.

Museo di Scienze Naturali “Luigi Paolucci“: costituito da una parte dei reperti tratti dalle collezioni (paleontologiche, mineralogiche, zoologiche e botaniche) dell’insigne studioso ed appassionato naturalista anconetano (1849/1935). Il Museo è suddiviso in 7 sale tra cui: l’ambiente fluviale, quello costiero, collinare, montano e il Laboratorio Didattico. Reperti unici di specie ormai scomparse costituiscono testimonianze preziose che ci aiutano a ricostruire e capire l’evoluzione e le modificazioni del nostro territorio. Al secondo piano del Museo è ospitata la Biblioteca Comunale.

Da visitare inoltre la Chiesa del SS. Sacramento, il Monastero e la Chiesa Parrocchiale al cui interno è conservata la Pala di S. Bernardino Patrono di Offagna.

Il paese ha caratteristiche prettamente medievali. La Rocca venne costruita tra il 1454 ed il 1546, potenziando un antico castello preesistente, nella parte più elevata del colle che domina la vallata dell’Aspio. Tale presidio tutelava quel territorio soggetto ad Ancona e fu al centro di numerose operazioni militari, come il conflitto sanguinoso che gli anconitani e gli osimani ivi sostennero il 27 giugno 1477.

Staffolo

 

Comune di Staffolo

Via XX Settembre, 14 – 0731 779218

comune@comune.staffolo.an.it

 

Molto probabilmente il proprio nome deriva al paese dal termine longobardo “staffal” indicante in origine “palo” ed usato anche nel significato di “palo di confine” o “cippo”. Su tale traccia non è azzardato presumere che Staffolo sia sorto probabilmente su un preesistente villaggio (vicus) romano, a mò di presidio militare.

Il Medioevo vede Staffolo libero Comune, mentre per ben due volte dovette sottomettersi a Jesi, convinto dalla forza degli avversari.

Staffolo si governò con propri statuti e la sua storia, è quasi superfluo dirlo, non si discosta da quelle degli altri centri e comunità della Marca Anconetana.

Mura Medievali con l’impianto originario e le due porte d’accesso: Porta Venezia e Porta San Martino.

Chiesa di Sant’Egidio dedicata al Patrono della cittadina, conserva una pala d’altare del cosiddetto Maestro di Staffolo e una predella della scuola del Lotto.

Chiesa di San Francesco (XII secolo) l’aspetto recente è dovuto ai rimaneggiamenti del 1700. Nell’interno quattro pregevoli tele, un organo Callido e un coro ligneo.

Chiesa di Santa Maria della Castellaretta gioiello di arte barocca, fu edificata come ringraziamento della vittoria della battaglia di Lepanto.

Fabriano

Comune di Fabriano

Piazza del Comune, 4 – 0732 709480

http://www.fabrianoturismo.it/

info@fabrianoturismo.it

 

Il primo nucleo della città di Fabriano sorge nel 411 sull’attuale sito cittadino, in quanto a seguito delle invasioni barbariche  ci fu l’abbandono dei precedenti insediamenti, che dall’età del ferro ai romani videro i due centri di Attidium e Tuficum svilupparsi a cavallo dell’Appennino umbro e marchigiano.

La popolazione di Tuficum, fonda inoltre altri insediamenti limitrofi quali Albacina, Moscano, Castelletta attuali frazioni del Comune.

Nel 571 la città entra a far parte del Ducato di Spoleto, ma con l’arrivo dei Longobardi prima e Carlo Magno poi dal 773 sorsero numerosi castelli feudali e monasteri benedettini economicamente e spiritualmente importanti in un periodo di forti lotte e insicurezze.

La Fabriano attuale è il frutto di questi periodi alto medioevali, nel quale due castelli Feudali posti sulle rive del fiume, al tempo chiamato Castellano, si unirono in un’unico centro tanto che nel XIII sec. vanta già il titolo di  Comune Sovrano.

fabriano

Tutta la struttura che si va via via sviluppando comprende già nel secolo successivo la cinta muraria che unisce i due centri fondatori, il Palazzo del Podestà, i quartieri ancora oggi esistenti quali S.Venanzio, S.Giovanni e S.Biagio, inoltre la Piazza alta nata come zona amministrativa, e la Piazza bassa in cui si sviluppano i commerci.

Fabriano importante città di “Corporazioni delle Arti” prima tra tutte quella dei Fabbri con 38 fabbrerie, una vocazione che ancora oggi la città celebra nel suo Palio cittadino di S.Giovanni. Altre importanti sono della Lana, Concia, Carta che diverrà fondamentale nella sua economia lungo i secoli a livello nazionale e internazionale.

Ma ci fu un periodo buio e di decadenza civile quando la Famiglia dei Chiavalli salì al potere e speculo’ sulla popolazione sfruttando i cittadini e la sua economia, limitò la libertà e i diritti inserendo rigide regole per gli ordinamenti corporativi, un periodo che si concluse in maniera scabrosa con la cacciata e l’uccisione dei Signori e l’insediamento degli Sforza, ma anche Francesco instaurò una politica che si tradusse in una continuazione di decadenza economica di Fabriano, tanto che i suoi cittadini e la comunità civile tutta si votarono alla Chiesa.

 Nei secoli successivi le varie lotte intestine, carestie, terremoti e la conseguente crisi economica e sociale misero alla prova il centro che in questo declino perse anche l’autonomia politica e solo verso la fine del 1700 l’industria cartaria ebbe un nuovo sviluppo grazie alla Famiglia Miliani.

Numerosi furono gli avvicendamenti politici e i passaggi di governo fino all’Unità di Italia, dallo Stato della Chiesa al Regno Italico, dal Governo di Napoli agli Austriaci, Fabriano ne esce come città coraggiosa e laboriosa che non si è mai risparmiata ne arresa anche quando le sorti storiche non le furono favorevoli.

Il centro cittadino propone al visitatore diversi itinerari da percorrere a piedi, facilitati dalle tante segnaletiche presenti, i cui punti di partenza possono essere i vari parcheggi e punti di arrivo che si trovano per facilitare la fruizione del visitatore. Risalendo verso il centro si arriva facilmente alla Piazza del Comune alla fine del Corso cittadino dove si apre ai nostri occhi un impianto medievale con la Fontana del STURINALTO (1285) simbolo cittadino, commissionata a Jacopo Grondolo che si ispirò al modello di GIOVANNI PISANO e della sua fontana di Perugia di qualche anno precedente, una tipica costruzione gotica a base ottagonale con tre vasche verticali di cui l’ultima di Bronzo. Intorno a questa Piazza troviamo numerose testimonianze di architettura civile simbolismi dei poteri cittadini che si sono avvicendati nei secoli tra loro in una antica rivalità tra poteri ecclesiastici, signorili e poi comunali, prima tra tutte alle spalle della fontana il maestoso Palazzo del Podestà (1255) un edificio tardo-gotico quindi poco decorato in pietra bianca con struttura a ponte quando anticamente vi scorreva di sotto l’antico corso d’acqua cittadino, sotto lo stesso arco caratteristiche decorazioni in affresco del XIII-XIV sec. un’imponente archittettura che sotto il periodo del Papato divenne Palazzo Apostolico.

Sulla destra della Piazza troviamo il LOGGIATO di S.FRANCESCO della metà del ‘400 pensato per collegare l’imponente Chiesa omonima andata poi distrutta con il Palazzo del Comune. Come ogni struttura architettonica locale viene poi rimaneggiato e ampliato nei vari periodi storici. Voluto da Papa Nicolò V quando trasferì la sua Corte nella città per scampare alla peste. Il monumentale PALAZZO DEL COMUNE del 1350 viene ricostruito poi nel 1690 e fu l’antica dimora della Famiglia Chiavelli. All’interno, nel cortile troviamo reperti romani degli antichi e precedenti insediamenti.A chiudere la piazza è  il PALAZZO VESCOVILE e la sua TORRE CIVICA antica residenza dei Priori prima e dei Vescovi dopo, la torre venne ricostruita a seguito del crollo nella metà del 1500.

Passando sotto l’arco del Palazzo del Podestà possiamo ammirare nella via contigua l’entrata, con il portale gotico in pietra, dell’ORATORIO DELLA CARITÀ, al suo interno decorazioni in affresco del pittore urbinate Filippo Bellini. La struttura e stata riaperta al pubblico nel 1997 dopo che sono stati spostati i documenti bibliotecari comunali che erano custoditi al suo interno.

Risalendo la salita che si trova alla sinistra del Palazzo del Podestà si arriva alla  Piazza della Cattedrale, nominata nel 1728 e intitolata Chiesa di S.Venanzio datata XIV – XVII sec. Una struttura semore tardo gotica ampliata successivamente  dall’architetto Muzio Oddi di Urbino tra il 1607 e il 1617 , allo stesso periodo risalgono le pregevoli decorazioni a stucco di Francesco Selva. Del precedente periodo trecentesco gotico sono l’abside poligonale, il chiostro e la Cappella di S. Lorenzo affrescate dal Nuzi nel 1360 ca. oltre che altrie decorazioni in affresco della “scuola fabrianese” risalenti al XIV e XV sec..

Un discorso a parte meriterebbe l’attuale mostra curata dal critico V. Sgarbi che oltre alla sua sede all’interno della PINACOTECA CIVICA ” Bruno Majolati” intitolata ” Da Giotto a Gentile” racchiude anche un percorso che si allarga ad altri siti all’interno del centro storico e in cui il critico racchiude un percorso che comprende arte pittorica e decorativa dell’affresco, arte lignea allargando i confini della mostra adun percorso di Chiese cittadine, in cui come nella Cattedrale si possono contemplare tutto l’anno opere e decorazioni, splendido esempio di quello che da numerosi studi viene definita la SCUOLA FABRIANESE uno stile gotico che riprende le peculiarità e caratteristiche della scuola Giottesca. La Pinacoteca si trova di fronte alla Cattedrale , ex Spedale di S.Maria del Gesù fu costruita nel 1456 da S. Giacomo della Marca in un suo passaggio evangelizzatore nella città di Fabriano, questa mantiene la facciata originale con ampio porticato a 5 arcate, un munumentale complesso tardo gotico che nacque per riunire tutte le strutture osoedaliere cittadine.

 

La mostra attualmente aperta è stata prorogata fino a gennaio , a seguito delle numerose presenze e consensi ricevuti a livello nazionale ed internazionale e per la prima volta porta alla luceun tratto distintivo dell’ Arte Marchigiana fin ad oggi poco valorizzato.

Tutta l’architettura religiosa cittadina fa parte di questo dialogo artistico, dalla Chiesa di S. Domenico di fabbrica gotica del 1365 ca. Dove ritroviamo lo stemma della Famiglia Chiavelli e anche qui l’opera decoratrice di Allegretto Nuzi. Nel Convento di S.Domenico ritroviamo una importante decorazione nella Sala Capitolare di Antonio da Fabriano del 1460, sempre all’interno del convento il MUSEO DELLA CARTA, un importantissimo percorso storico dei procedimenti di produzione dal medioevo e le sue evoluzioni storiche.

Nel percorso della mostra è compresa la Chiesa di S.Maria del Buon Gesù eretta originariamente come Ospedale cittadino.

Nella Chiesa di S. Agostino di fabbrica tardo duecentesca si conservano due straordinarie Cappelle gotiche affrescate dal Maestro di S. Emiliano, di scuola giottesca e un’altrettanto importante scultura lignea  nell’oratorio dipinta da Lorenzo Salimbeni da S. Severino.

Altra scultura lignea trecentesca raffigurante S.Nicola da Bari la si può trovare nella Collegiata di S.Nicolò di fondazione Benedettina, un complesso che si trova nei pressi di Piazza Garibaldi e realizzata al Maestro dei Magi di Fabriano..

Nella stessa piazza possiamo ammirare il Portico del Vasari, così titolato dopo la sua cessione allo stesso nel 1400; tanta era l’importanza delle congregazioni delle arti cittadine in quanto questo portico risalente al 1200 faceva parte del complesso economico della città in quanto questa era la piazza del mercato, una decorazione ad affresco della scuola dell’Allegretto.

È impossibile riassumere tutte le manifestazioni architettoniche della città, sia civili che ecclesiastiche, le bellezze paesaggistiche e natutalistiche , le curiosità che propone, le tradizioni, il folclore di questo importantissimo comune marchigiano, si può solo consigliare vivamente una visita e in ogni porticato o portale di chiesa, in ogni via o squarcio vi si aprirà uno spettacolo unico, un ritorno al passato al medioevo, in una passeggiata in un centro storico tutto da scoprire.

Falconara Marittima

 

Comune di Falconara Marittima

Piazza Carducci n. 4 – 071 91771

http://www.comune.falconara-marittima.an.it

sindaco@comune.falconara-marittima.an.it

Dal colle di Falconara Alta, ove si trova il castello di origini medioevali, oggi Sede municipale, si ammira uno splendido e suggestivo panorama della riviera fino al Monte Conero..

Città accogliente Falconara è ricca di monumenti storici: dalla Biblioteca Francescana e Picena, una delle più importanti delle Marche, ai quattro castelli (Rocca Priora, Falconara Alta e Castelferretti, senza dimenticare le rovine di quello di Barcaglione), a Villa Montedomini ed agli affreschi quattrocenteschi di Santa Maria della Misericordia magnificamente restaurati fino all’antica Cisterna romana del Tesoro.

Il Comune di Falconara ha una peculiarità che lo contraddistigue da tutti gli altri comuni marchigiani ed è quella di non costruirsi attorno ad un unico antico agglomerato, ma sulla base della associazione di più borghi, di cui i quattro castelli medioevali nel suo territorio sono antica testimonianza e documento: insieme costituiscono le radici storiche del moderno comune nato con l’Unità d’Italia. Di questi quattro castelli tre sono ottimamente conservati e di uno si conservano ruderi nel luogo più alto e panoramico del territorio comunale.

Castello di Barcaglione: visibili tutt’ora gli antichi resti in luogo incantevole, a 204 metri dal livello del mare, fu edificato in epoca imprecisata a controllo della strada di accesso da nord su Ancona. Importante caposaldo difensivo, poteva convertirsi in pericolosa minaccia in mano a forze ostili alla città Dorica, cosa che avvenne nel 1375 quando fu occupato dal conte Lucio, comandante della Lega imperiale in lotta contro la Chiesa. Memore del mortale pericolo corso, Ancona ne decretò l’abbattimento.


Castello di Rocca Priora: 
edificato dopo il mille e già noto come Rocca di Fiumesino, ebbe funzione di controllo e difesa della Foce dell’Esin e del guado del fiume sulla strada litoranea a nord di Ancona. A lungo conteso per questa sua posizione strategica tra Jesi e Ancona, nel 1516 fu da Papa Leone X assegnato definitivamente alla città dorica. Nel 1755 ceduto con le terre circostanti in enfiteusi perpetua al ricco mercante anconetano Francesco Trionfi (1706/1772), che ebbe dal Papa il titolo di Marchese. Attualmente è di proprietà della famiglia Baldoni.

Castello di Castelferretti: nel 1384 Francesco Ferretti discendente da uomini d’arme originari della Germania venuti in Italia all’inizio del secolo precedente, chiese ed ottenne di poter trasformare un’antica torre di guardia nella Piana dei Ronchi, in un luogo fortificato. Sorse così il castello e l’investitura feudale da parte del Papa, con l’attribuzione del titolo di “Conte di Castel Francesco”. Posseduto fino a tempi recenti dalla Famiglia Ferretti, è oggi Sede della delegazione di Castelferretti, del Centro Educazione Ambiente e Pace, e di altre attività associative e private.

Ostra

 

Comune di Ostra

Piazza dei Martiri, 5 – 071 7980606

www.comune.ostra.an.it

comune@comune.ostra.an.it

Ostra prende il nome dall’antica città umbro-gallica, situata un tempo sulle sponde del fiume Misa, distrutta dai Goti nel 409 d.C. Nel 1194, dopo un lungo periodo di fermenti popolari si costituì in libero comune, sottraendosi all’egemonia degli Arcivescovi di Ravenna.

Nel periodo delle Signorie fu dominio dei Paganelli, dei Malatesta, di Braccio da Montone, degli Sforza e dei Montefeltro. Ebbe molto a soffrire per i soprusi delle Truppe di Ventura, che numerose si avvicendarono nel suo territorio, tantochè nel 1454, deciso per consenso unanime l’abbattimento della Rocca, si pose definitivamente sotto il diretto dominio della Chiesa. Da allora subì le sorti dello stato pontificio, fino all’unificazione d’Italia.

 


Piazza dei Martiri
 delimitata dal Palazzo Comunale, da due imponenti residenze, dalla Chiesa di S. Francesco e dalla Torre Civica. Tale assetto risale esattamente al 1400, con una sola variante: affiancata alla Torre, costruita nel XVI sec., esisteva la Chiesa di San Giovanni, distrutta da un bombardamento aereo nell’ultimo conflitto.

Torre Civica (XVI secolo) simbolo della città, venne edificata come torre campanara (la campana è del 1631) e dell’orologio. Dopo la seconda guerra mondiale, la Torre venne ristrutturata e si scopriì che er apriva di fondamenta. Fu quindi creato un robusto basamento e la torre fu innalzata ancor più verso l’alto. Attualmente essa misura 33 metri di altezza. Dalla sommità si può godere uno splendido panorama che, nelle giornate limpide arriva sino alla Repubblica di San Marino.

Palazzo Comunale (XVIII secolo) costruito sulle fondamenta del preesistente palazzo quattrocentesco. Sfoggia un elegante porticato ed è collegato a due edifici laterali, sede rispettivamente della dimora del Podestà da un lato e del Teatro Comunale dall’altro. All’interno si trova la Sala Magna, la Galleria dei ritratti, la sala di Papa Pio VI e una Madonna su tavola, di epoca quattrocentesca.


Cinta Muraria 
(XIV secolo) con 9 torrioni che intervallano il percorso di 1.200 metri. Al centro dell’abitato si estende Piazza dei Martiri, su cui sorgono il Palazzo Comunale (1749), cui è annesso il Teatro La Vittoria, elegante gioiello architettonico del 1863, la Torre Civica edificata nel XVI secolo come torre campanara e ristrutturata nel 1950, e la Chiesa di S. Francesco, che ospita una cappella dedicata al patrono della città S. Gaudenzio, dipinta da Giovanni Bellini. Eleganti palazzi gentilizi del XVII e XVIII secolo si affacciano sulle vie principali. Fra gli edifici di culto fa spicco il Santuario del Crocifisso, con l’antico portale del 1333, in cui è custodita la scultura lignea del Cristo agonizzante di Bartolomeo Silvestri da Verrucchio. Nelle immediate vicinanze del centro storico sorgono il Santuario della Madonna della Rosa (1754), che conserva una ricca collezione di tavolette votive, e il Santuario di S. Maria Apparve (1900).

 

Le attrattive paesaggistiche di Ostra sono state premiate dal Touring Club Italiano con il conferimento, nel 2003, del marchio di qualità “Bandiera Arancione”.

Filottrano

Comune di Filottrano

Via Roma, 6 – 071 722781

www.comune.filottrano.an.it

c.frulla@comune.filottrano.an.it

La sua storia millenaria è tra le meno conosciute della Regione. I resti più antichi, ritrovati in scavi sistematici nel 1911-12, mostrano la presenza di una antica civiltà capannicola dell’età del bronzo. A questi si sovrappose una “Statio” fondata dai Galli Senoni nel III° secolo a.C. Quando i Romani occuparono il Piceno (268 a.C.) crebe un presidio militare, che poi divenne un’importante colonia romana col nome di Veragra. Plinio il Vecchio annovera la colonia romana di Veragra fra le città situate nel mezzo del Piceno. Il nome Filottrano viene fato risalire a Mons Filiorum Octrani  (Optrani, Ottrani). 

Il primo documento in cui si legge il toponimo è del 1187. Oggi si può ragionevolmente supporre che la città sorse intorno all’anno 1000 e prese il nome dai figli di un Ottrano (ceppo di origine longobarda), personaggio noto e importante al suo tempo in tutta la Marca, come si evince dai registri farfensi. Filottrano nel 1530 pubblicò i suoi “Statuti” per regolamentare la crescita civile della sua gente. Sono di questi anni le più importanti costruzioni civili e religiose. Il Pontefice Pio VI  nel 1790 la elesse a Città, modificandone il nome da “Mons Filiorum Octrani” all’attuale Filottrano. Nel 1808 le Marche furono annesse al Regno d’Italia di Napoleone. Nel 1860 entrò a far parte del Regno d’Italia sotto Vittorio Emanuele II.

Museo del Biroccio marchigiano

Nato nel 1967 per iniziativa di Glauco Luchetti che ha raccolto carri marchigiani dipinti (i birocci), strumenti fondamentali nell’attività agricola del XIX e XX secolo. I carri pesano intorno ai quattro quintali e sono costruiti in legno di olmo con parti in noce, quercia e acacia. I dipinti hanno colori vivaci e gli stili sono diversi da una zona all’altra.

Museo della Civiltà contadina

Istituito nel 1995 è ospitato nei locali dell’ex Monastero di S. Chiara. E’ una collezione privata recentemente arricchita da interessanti manufatti etnografici.

Jesi

 

Comune di Jesi

Piazza Indipendenza, 1 – 0731 5381

www.comune.jesi.an.it

protocollo.comune.jesi@legalmail.it 

La cittadina è situata parte in piano e parte sopra un poggio sulla riva sinistra del fiume Esino, nella parte bassa della sua valle.

Venne fondata dagli Umbri e conquistata dagli Etruschi. Nel IV secolo i Galli Senoni, discesi dal nord, vi si stabilirono rendendo la città ultima roccaforte contro i Piceni. I romani, dal 295 a.C. la elessero prima colonia e poi municipio. Con la dissoluzione dell’Impero d’Occidente, Jesi entrò a far parte della Pentapoli mediterranea bizantina. Donata alla Chiesa, con l’incoronazione di Carlo Magno (800 d.C.) rientra sotto la giurisdizione imperiale. Nel 1130 diventa libero comune con governo autonomo. Nel 1194 nasce, nel cuore della città, l’imperatore Federico II di Svevia che donerà a Jesi il titolo di “Città Regia“.

Successivamente appartenne a diversi signori: MalatestaBraccio da Montone eFrancesco Sforza. Dalla metà del Quattrocento una forte opera di urbanizzazione ne cambia la fisionomia che coincide anche con un impulso alle arti e ai mestieri. Nel 1797 le truppe napoleoniche porranno fine sia al monopolio nobiliare che s’era creato nei secoli, sia al dominio sul Contado. Con l’annessione delle Marche al Regno Napoleonico diviene capoluogo del Dipartimento del Metauro. Il Risorgimento conduce Jesi all’unità d’Italia.

Torrione di Montirozzo è assurto a simbolo della città per la sua particolare bellezza. Fa splendido sfondo alla statua dell’imperatore svevo Federico II, lo stupor mundi. Il torrione fa parte di un complesso difensivo tra i meglio conservati del centro Italia e recentemente restaurato.

Palazzo della Signoria è l’opera civile più prestigiosa e attualmente è sede della Biblioteca Comunale Planettiana e dell’Archivio storico. Il progetto architettonico è opera di Francesco di Giorgio Martini. La torre civica risale al 1666 mentre l’orologio è del ‘700. Sul portale principale spicca l’edicola in pietra d’Istria con il Leone Rampante Coronatostemma di Jesi. Nel cortile interno si trovano il porticato e la cisterna.

Poggio San Marcello

 Comune di Poggio San Marcello

Piazza del Comune, 3 – 0731 813446

www.comune.poggiosanmarcello.an.it

comune@comune.poggiosanmarcello.an.it

Il paese anche se abitato da tempi antichissimi, entra a far parte della storia scritta con le origini del Castello intorno al XIII secolo. Le cronache del tempo riferiscono che doveva essere di quel periodo una “villa” sopra il colle, dove esercitava la sua giurisdizione il Vescovo di Jesi. Nel 1261 è già provvisto di fortificazioni ed è conosciuto come Castello di Poggio San Marcello. Dal 1301 fa parte dei domini di Jesi.

Documentata da un’antica pergamena la presentazione del Palio da parte del castello in occasione della festa di San Floriano, protettore di Jesi (città dominante). Il paese segue le sorti della città di Jesi fino all’invasione napoleonica di gran parte dei territori dello stato pontificio. Nel 1926 viene decisa la soppressione e aggregazione a Castelplanio, in qualità di frazione. Cosi è stato fino al 1947, anno in cui Poggio San Marcello è stato costituito Comune autonomo.


Le Mura Castellane
 il  centro storico è ben conservato: presenta due porte di accesso, chiamate Porta San Nicola (1455), anticamente unico ingresso, e Porta del Soccorso (1641) sormontata dallo stemma del Comune di Jesi. Le mura castellane mantengono intatto il loro fascino. Ricostruite da Domenico di Giovanni da Bellinzona, sono dotate di torri e torrioni, uno dei quali pentagonale e di rara fattura.

Madonna del Soccorso Poggio San Marcello è noto per il Santuario della Madonna del Soccorso (1646, rifatto nel 1870 dall’architetto jesino Santini), posto all’ingresso del paese. Vi si conserva la statua della Madonna con il Bambino (1608) mentre gli affreschi delle cupole sono opera di A. Rinaldi (inizio ‘900).


San Nicola 
alla fine della strada principale che percorre il castello si affaccia la Chiesa parrocchiale di S. Nicola (1763), edificata dopo l’abbattimento della primitiva chiesa su disegno di Mattia Capponi e Nicola Maiolatesi. Conserva una Madonna con Bambino (1603) di Antonino Sarti ed un affresco riguardante la Crocifissione (sec. XIV) proveniente dall’antica chiesa di S. Marcello. Da vedere inoltre la cripta gotica situata nei pressi ed appartenente all’edificio più antico (sec. XIV).

Il Palazzo Comunale nei pressi della chiesa parrocchiale sorge il Palazzo Comunale (1772), dalla sala consiliare finemente affrescata, edificato su disegno dell’architetto Andrea Vici. Al suo interno è collocato anche il Teatro Comunale.

 

Agugliano

Via Leopardi, 5 – 0721 908466
www.comune.agugliano.an.it
comune.agugliano@provincia.ancona.it

Le origini: RTEmagicC_agugliano.jpgil toponimo ripete l’antico fundus Aquilianus di epoca romana, sul quale poi, dopo le invasioni barbariche, si rifugiarono le diverse popolazioni del fondo valle che edificarono il “castrum Aquiliani” (sec. IX-X). Per secoli suddita di Ancona, Agugliano, per la sua fedeltà, subì rappresaglie e rovine da quelle milizie che, non potendo occupare la città, sfogarono la loro ira sui castelli del suo contado. Comune autonomo (seconda metà del XVI secolo) il castello si è notevolmente sviluppato verso la zona a maggior insolazione.

Borgo Ruffini. Sorto nel ‘600 il borgo di Agugliano viene indicato con il cognome di Ruffini, una ricca casata di commercianti bresciani, giunti nel ‘500 ad Ancona ed iscritti poi alla nobiltà della città. Per volontà testamentaria dell’ultimo marchese Giovanni Ruffini, il Comune nel 1824 fù l’erede di tutto il patrimonio fondiario che aveva in quella località.

Castel D’Emilio, l’intero complesso del castello medievale ancora oggi è discretamente conservato, mentre le nuove strutture al di fuori delle mura, concepite con il giusto criterio, dimostrano come debba allargarsi un paese. All’interno restano a testimoniare la vetusta bellezza un’agglomerato di piccole abitazioni intersecate da stradine oggi ben lastricate.

Chiesa di S. Maria a Nazareth, all’interno due dipinti di valore, uno nell’abside del XVII secolo dedicato alla Traslazione della Santa Casa, l’altro ritraente S. Celestino V Papa in abiti pontificali

Chiesa del SS. Sacramento con una tela del Peruzzini dedicata a Sant’Anastasio patrono della cittadina e il monumento funebre del Card. Antonio Vico (1847-1929)

Chiesa di S. Maria delle Grazie con un bel portale a leoni stilofori del XIV secolo e Paliotto del 1697 dedicato a S. Francesco

Convento e resti della Chiesa di S. Francesco forse fondati dallo stesso Santo nel 1212, la struttura della chiesa è della scuola del Vanvitelli.

Polverigi

 


Comune di Polverigi

Piazza Umberto I, 15 – 071 909041

http://www.comune.polverigi.an.it

comune.polverigi@provincia.ancona.it

Il nome Polverigi deriva dalla natura del terreno, su cui il paese è costruito, che è polveroso e sabbioso, specie nella parte del Roccolo e dell’attuale Villa comunale. In parecchi documenti dei secoli scorsi si trova scritto “Pulverisie” (da pulver + suff. isium). Si suppone che nell’antichità non ci fossero centri abitati, ma solo selve e boscaglie. Questo luogo solitario favorì l’arrivo di monaci eremiti e, dalla consultazione del Codice Bavaro, si apprende che intorno all’835 sulla collina esisteva la Pieve di S. Damiano, ufficiata dai monaci Avellaniti. La Pieve era compresa nella Massa Aternana, costituita da parecchi fondi rustici, ed erano di proprietà dell’Arcivescovo di Ravenna. Dopo l’anno 1000 si stava lavorando alla costruzione del castello: questo è confermato dal ritrovamento nel 1809, durante la demolizione di un fortino, di una moneta del doge Faliero dell’inizio del secolo XII e durante un’altra demolizione del 1815 si è trovato un mattone con impressa la data A.D. 1141. Alla fine del XII secolo i lavori per la costruzione del castello erano sicuramente terminati e nel 1202, proprio “Apud castrum Pulverisie” (presso il castello di Polverigi), venne stipulato tra numerose città marchigiane un patto di pace che pose termine alle lotte di Ancona e dei suoi alleati contro Osimo e Fermo. Sopra l’arco principale c’è un bassorilievopolverigi-piazza-comune-conero in pietra raffigurante un cavaliere armato, stemma di Ancona, testimonianza della protezione che la città esercitò sul castello di Polverigi. Dei secoli seguenti non si conoscono fatti di particolare importanza e la storia di Polverigi seguì quella di Ancona. 

L’attuale complesso edilizio costituito dalla Villa della Famiglia Nappi, ora proprietà del comune e dalla Chiesa di S. Maria Maddalena, detta del Sacramento, era originariamente un convento con una chiesa annessa, dei frati eremitani di S. Agostino. La costruzione della Chiesa iniziò nella seconda metà del 1200, l’interno fu trasformato, ma conserva il pavimento e il soffitto originari. Dopo il 1815 il complesso fu acquistato dai Conti Nappi. La villa è munita di grotte che potevano essere una via di salvezza in caso di pericolo. All’interno della Chiesa del Sacramento vi sono interessanti affreschi di varie epoche. Villa Nappi è la sede di Inteatro.

Chiesa Parrocchiale di Sant’Antonino in stile neoclassico conserva all’interno la bella tela “Deposizione dalla Croce” di Ercole Ramazzani.

Palazzo Comunale all’interno è conservata una “Crocefissione” del XIV sec., affresco situato nella sala consiliare della pace.

 

Belvedere Ostrense

Belvedere Ostrense ha origine medievale, fondata, presumibilmente, dai Monaci di San Giovanni di Arcignano; nella sua storia, fu parte dello Stato jesino. Nel 1355 fu ceduta, dal Cardinale Albornoz, a Nicolò di Boscareto, che diede inizio alla Vicaria di Belvedere fino agli inizi del 1400. Nel 1451 la formidabile rocca di Belvedere venne distrutta. Da questo periodo il paese assunse il titolo di “Terra” ed allargò i confini del suo territorio. Nel 1860 fu dichiarato Comune della provincia di Ancona. Infine, nella seduta consiliare del 20 novembre 1862, basandosi sull’opinione allora in voga che Belvedere fosse sorto dalle rovine di Ostra, si ottenne di chiamare il paese Belvedere Ostrense.

Il  Castello: le sue mura cingono su tre lati il centro storico e la struttura attuale risale al ‘400. Dal giro delle mura è possibile godere di una veduta panoramica sulle colline marchigiane.

Palazzo Baleani: dal 1872 sede del Municipio. All’interno è conservato lo stendardo, unico esemplare, che i castelli soggetti a Jesi dovevano presentare alla città in occasione della festa del santo patrono.

Museo Internazionale dell’Immagine Postale: il museo affonda le radici nel fatto che patrono di Belvedere è San Rufo “tabellarius” (cioè portalettere) romano martirizzato e per questo eletto dalla Chiesa a patrono dei postini. Non è un museo filatelico, ma una raccolta d’immagini che illustrano i sistemi postali dei vari paesi del mondo. Particolarità: la “sezione artistica” dove sono raccolti c.a. 400 francobollil eseguiti da pittori, scultori e grafici italiani e stranieri di chiara fama.

Il territorio agricolo è caratterizzato da un’intensa attività cerealicola e grazie alla sua favorevole posizione, anche i vini sono tutti da gustare: il Verdicchio dei Castelli di Jesi, la Lacrima di Morro d’Alba e il Rosso Piceno. Le attività industriali hanno la propria base sui piccoli laboratori artigianali (il famoso “modello marchigiano”) specializzati nella fabbricazione di stampi, di carpenteria del ferro e del tessile.

Mergo

Comune di Mergo

Piazza Leopardi, 23 – 0731 814820

www.comune.mergo.an.it

comune.mergo@emarche.it

Le notizie intorno a Mergo risalgono al 1233; allorchè il Rettore della Marca pronunziò una sentenza circa i confini tra i territori di Arcevia e di Serra in cui si comprendeva Mergo entro il territorio di Serra. Mergo nel 1278 era “Villa” non più contrada semplice; nel 1425 trovasi la priam notizia che Mergo fosse Castello, cosicchè in poco più di due secoli le sue condizioni si avvantaggiarono sensibilmente.

Il territorio sorge come d’incanto alla sinistra della vallata dell’Esino avendo per sfondo la grigia e mossa catena degli Appennini; l’estensione è piccola ma il paese è ricco di bellezze naturali, degna cornice del suo territorio. Attraverso i secoli il progresso tecnologico ha trasformato anche Mergo, ma la meccanizzazione ed ogni altra forma di sviluppo ne hanno lasciato integre le bellezze naturali. Il capoluogo di Mergo è contenuto entro le sue medioevali mura di cinta, a circa 400 metri s.l.m., affacciandosi in questo modo sul serpeggiante corso dell’Esino, che nel fondo valle accoglie le più importanti arterie di comunicazione.

Mergo, pur trovandosi in collina, può godere dei vantaggi della valle in quanto è ad essa comodamente collegata con una nuovissima strada che ascende dalla S.S. 76. Il paese è dotato di numerosi complessi sportivi: piste di pattinaggio, campi da tennis e campi di bocce.

Ripe

 

Comune di Ripe

Via Castello, 1 – 071 7959202

www.comune.ripe.an.it

comune@comune.ripe.an.it

Ripe, borgo fortificato di origine medievale, poi libero comune, fece parte del Vicariato di Mondavio. La storia è contrassegnata da un alternarsi di signorie, dai Malatesta ai Piccolomini, intervallate da un ritorno allo Stato della Chiesa. Si registra ancora l’avvento di Giovanni Maria Varano, del Duca Guidobaldo II Della Rovere, dei Conti Andreani, di nuovo dei Piccolomini e del Marchese Giulio Della Rovere. Con Napoleone Ripe entrò a far parte della Provincia di Ancona; alla restaurazione del potere pontificio tornò alla delegazione di Pesaro e Urbino. Nel 1860, con l’avvenot del Regno d’Italia, Ripe entra definitivamente nella provincia di Ancona.

Palazzo Municipale costruito nel 1938, richiama a motivi architettonici medioevali (bifore e trifore sulla facciata, merlature a coda di rondine, torre civica).

Chiesa Parrocchiale di San Pellegrino originariamente di Santa Maria del Ponte, fu riedificata alla fine del ‘700. All’interno pregievoli le tele tra cui una “Vergine del Rosario” con la raffigurazione dei 15 misteri.

Chiesa di S. Michele Arcangelo conserva una interessante tela settecentesca attribuita al Corvi.

Chiesa del Crocefisso (privata – XIX secolo) all’interno uno splendido sepolcreto rivestito di elementi in cotto delle famiglie Lavatori-Fiorenza.

Meritano una visita anche:

Chiesa della Madonna della Consolazione (XVIII secolo);

Chiesa della Madonna del Rosario;

Chiesa di Sant’Antonio da Padova (1910 – privata).

Da segnalare alcuni edifici storici come Palazzo Fiorenza, sulla piazza principale, e Villa Castracane o delle “cento finestre”, in frazione Brugneto.

Il territorio agricolo è caratterizzato da colture della media fascia collinare (vite, cereali, bietole, foraggio, piante portaseme, colture orticole). Buona la presenza di alberi ad alto fusto da cui si ottengono legni pregiati (querce, pioppi, salici, olmi).

Camerata Picena

CAMERATA PICENA

Comune di Camerata picena

Piazza Vittorio Veneto, 10 – 071 9470643

www.comune.cameratapicena.an.it

comune@comune.cameratapicena.an.it

Il toponimo di Camerata viene di norma ricondotto all’antica voce umbra “Camars“, nel significato di “luogo fortificato naturalmente“. L’attuale nucleo storico, trovandosi in zona collinosa, sulla destra del fiume Esino, fin dall’antichità dovette avere, per la sua posizione, una certa importanza strategica ed un ruolo di controllo sui primi insediamenti della zona. Con ogni probabilità esso venne fortificato da Ancona e subì le sorti di quella città a cui restò per lungo tempo legata nel bene e nel male. A Camerata si svolse, nel 1309, un’aspra battaglia tra Ancona e Jesi ritenuta tra le più cruenti di quegl’anni. L’esercito iesino, comandato da Federico da Montefeltro duca di Urbino, ha la meglio e riesce a mettere in fuga i suoi avversari. Le truppe di Jesi inoltre punirono Camerata, per essere rimasta alleata di Ancona, distruggendone il Castello. Successivamente Ancona autorizzerà i conti di Genga ed una trentina di famiglie di quel castello a ricostruire l’abitato di Camerata e a stabilirvisi; le condizioni poste ai nuovi abitanti di Camerata saranne quelle di una obbedienza, non sempre solo simbolica, alla città dorica. Nel 1390/91 i lavori di ricostruzione del castello sono terminati e Camerta torna ad essere abitata. cameratapicena

DA VISITARE:

Chiesa parrocchiale della natività della Vergine (XIV secolo) si trova dentro il castello ed ha al suo interno una pregevole pala d’altare e un Crocifisso ligneo.

Castello del Cassero oggi frazione di Camerata Picena, il Castello risale al 1375 ed è stato fondato dal Conte Nicola Torriglioni di Ancona che aveva nei dintorni numerose proprietà terriere. Il Torriglioni fu anche il capitano della galea anconitana che trasportò Papa Gregorio XI, reduce da Avignone. L’impianto aveva in origine una pianta a croce; di esso è rimasta la torre portaia (o torre d’ingresso) e, a tutela dei tratti di cortina, due Troniere di piccole dimennsioni (poste ai lati della porta d’ingresso) per il tiro con archibugio o artiglierie.

 

Il Castello di Camerata, ricostruito nella seconda metà del Trecento ha conservato il caratteristico andamento circolare tipico delle fortificazioni di poggio. Dall’unica porta, ricavata nel tessuto murario recentemente restaurata, si accede ad una caratteristica piazzetta, (l’antica corte) che ospita la chiesa parrocchiale. La cinta muraria è intervallata dalle tracce evidenti di una serie di torri anticamente attrezzate per il tiro con armi da fuoco mentre il sottosuolo del castello conserva numerosi e interessanti tratti di grotte e gallerie (in parte visitabili) che pur manipolate nei secoli, mantengono il tipico aspetto architettonico medioevale.

 

Maiolati Spontini

 

Comune di Maiolati Spontini

Largo Giannino Pastori, 1 – 0731 7075226 

www.comune.maiolatispontini.an.it

segreteria@maiolati.spontini.it 

Le origini di Maiolati sono alquanto incerte. Per alcuni fu fondata da abitanti fuggiti dall’antica Cupra (città romana distrutta prima del Mille); per altri, dopo il Mille dagli abitanti della vicina Villa di Talliano nei pressi del Monastero benedettino di S. Sisto.

Le “Ville” erano agglomerati umani creatisi intorno ed al servizio di un monastero sorto o risorto dopo le distruzioni barbariche dei secoli precedenti. Nel 1428 subì la completa distruzione del suo castello, ma fu ricostruito circondato dalle mura tutt’oggi esistenti e ben conservate.

Nel 1589 il “Breve di Concordia” del Papa Sisto V confermò, fra l’altro, l’obbligo di ogni castello soggetto a Jesi, tra cui quindi anche Maiolati, di offrire ogni anno, il 4 maggio festa di S. Floriano, il “Palio” alla magistratura jesina, con grandi feste popolari accompagnate da uno stendardo appositamente recato fino agli inizi del ‘800.

 

Quì ebbe i natali…

Maiolati Spontini vanta vari monumenti legati soprattutto al compositore e direttore d’orchestra Gaspare Spontini, autore di numerose opere di successo, in particolare fu trionfale l’accoglienza de “La Vestale“, tragédie lyrique neoclassica esemplare, degna di rappresentare un’intera epoca, replicata ben 200 volte!

Il nome deriva da Maiora Lata (che fu sede della setta eretica dei “fraticellli”) e Spontini in onore del grande concittadino. Nell’ultima abitazione del compositore è stato ordinato il Museo Spontiniano, con l’arredamento originario, ricordi, cimeli, manoscritti e la stessa biblioteca del Maestro.

Rosora

 

La sua origine è conseguente alla migrazione verso l’alto degli abitanti del piano che, messi a dura prova dalle ripetute invasioni barbariche, progressivamente andarono a stabilirsi tra le boscaglie delle alture circostanti per sfuggire agli eccidi e per salvaguardare greggi ed armenti (VI-IX sec.) Nei secoli X-XI (periodo dell’incastellamento) il castrum non solo sarà il successore della “domus culta”, ma assumerà strutture nuove che poi saranno la base di partenza di tutto l’edificio socio-politico-economico locale.rosora1

Rosora è un toponimo di formazione latina perchè sta ad indicare la caratteristica fisica e strutturale del terreno su cui poggia il paese. Infatti, per il colore del tufo è lecito pensare a Rosora quale termine composto dall’aggettivo latino roseus, -um (roseo) e dal sostantivorusruris (terreno).

Il Castello rimangono solo pochi tratti delle mura originali con Porta Vecchia e un torrione risalenti al XIII-XV secolo.

Chiesa Parrocchiale di S. Michele Arcangelo (XVIII secolo) edificata su un preesistente edificio sacro, vi è conservato un bellissimo crocefisso ligneo del ‘600 ritenuto miracoloso, oltre a tele d’altare e le reliquie del martire romano Agapito.

 

Castel Colonna

CASTEL COLONNA

Comune di Castel Colonna

 

Piazza Leopardi, 3 – 071 7957120

www.comune.castel-colonna.an.it

comune.castelcolonna@ancona.provincia.it

Piccolo centro storico su uno sperone naturale, il cui elemento saliente è costituito da una bella porta bastionata (Torre Vittoria Colonna). A distanza dal nucleo originario, è venuta sviluppandosi una nuova area urbana, di carattere prevalentemente residenziale, in località Croce. Viabilità rurale, in condizioni abbastanza buone, in un ambiente che presenta la consueta tipologia del paesaggio agricolo marchigiano, con prevalenza di seminativi, vite, girasole e barbabietola da zucchero. Piccole zone verdi sipei, alberi sparsi. Nel paesaggio agricolo è ancora possibile notare tracce delle tradizionali tecniche di coltivazione (vite coltivata in filari). Piuttosto  sviluppate le colture portaseme. Allevamenti  di bovini allo stato brado, nei paesi della “provinciale” per Roncitelli. Discreta attività zootecnica a livello familiare. Forma di conduzione aziendale, l’impresa diretto-coltivatrice. Presenza di alcun laghetti di cui certi per la pesca sportiva. Parte del territorio comunale è interessata per un breve tratto dal corso del fiume Cesano in corrispondenza della località Bruciata. Da segnalare inoltre un bel tratto di strada tra la folta vegetazione lungo dil Fosso della Bruciata, pressochè al confine con il territorio del comune di Senigallia.

Castel Colonna_1998-12-14-56-2710

Da vedere:

Torre Vittoria Colonna porta in laterizio del XIII secolo, successivamente ristrutturata, merlata, conserva all’interno (connotato da una doppia arcata) una lapide del 1457. Da vedere inoltre sia la cinta muraria del XIII secolo, largamente rimaneggiata, presenta nella parte più antica una scarpata con parapetto e cornice di beccatelli ed infine la Chiesa Parrocchiale di San Mauro Abate. Interessanti inoltre gli scorci panoramici dalla zona della “Croce“, la collina di Montesalvatello (con vista dall’Appennino all’Adriatico), il Poggio di Francavilla (con vista sull’Adriatico e sulla valle del Fiume Cesano).

Monsano

 

Comune di Monsano

Piazza Matteotti, 17 – 0731 61931

www.comune.monsano.an.it

comune@comune.monsano.an.it

Monsano sembra che anticamente fosse una contrada sacra alle Muse.

E’ certo che nel XII secolo era semplice “Villa” e non “Castello” proprietà della Badia di Valfocina. La Villa entrò integralmente a far parte dello Stato jesino nel 1197. Fu occupata nel 1460 dalle truppe di Sigismondo Malatesta, Signore di Rimini, chiamato in aiuto da Ancona in ricorrente guerra contro Jesi. Il Castello rimase nelle mani degli anconetani fino al 1463 quando, venutole meno l’aiuto del Malatesta, Ancona decise di restituirlo a Jesi. Jesi ordinò la demolizione delle mura affinchè il Castello non servisse più come rifugio e roccaforte per i nemici. Se ciò fu attuato, le mura dovettero essere ben presto ricostruite perchè, giunte fino a noi, sono datate XV secolo. Esse sono originali per forma e tracciato e si disopngono secondo un rettangolo regolare che non ha riscontro nella Vallesina.

monsano

 

Marchigiani, nomea di gente operosa e “festajola”

Qui non mancano certo feste e festini, processioni e concerti, rappresentazioni e manifestazioni culturali; raccontarne alcune è far torto alle altre, ma come non citare la “Processione del voto” (10 marzo), devozione di 4 secoli, o la suggestiva “Via Crucis” del venerdì Santo, i ritmi dello “Scacciamarzo” o la settimana in onore dell’Assunta, o la festa popolare del “Palio” che con la sua 27ma edizione è il più pertinace della Vallesina, oppure il “Monsano Folk Festival” che, giunto ormai alla 16a volta è al centro del ricco programma di manifestazioni estive, che vanno dalle rappresentazioni teatrali a momenti di feste popolari che fanno di Monsano una meta obbligatoria per i turisti in vacanza nella vicina Riviera Adriatica.

 

Castelbellino

CASTELBELLINO

Comune di Castelbellino

Piazza San Marco, 15 –  0731 701606

www.comune.castelbellino.an.it

digiuseppe@castelbellino.pannet.it 

Castelbellino per estensione, con i suoi 5,93 Kmq., è il più piccolo comune della provincia di Ancona. Il nome più antico di Castelbellino è Morro Panicale e risale agli anni attorno al Mille, chiamato anche Castel Murri o de Murro Panicale. Il mutamento da Morro Panicale in Castel Ghibellino avvenne agli inizi del trecento, quando alcuni ghibellini fuoriusciti da Jesi si rifugiarono nel castello e lo restaurarono. Nel 1194 il conte Trasmondo di Morro Panicale, figlio e nipote dei Conti di Jesi, fece atto di sottomissione al Comune di Jesi, il prima di una serie di sottomissioni-conquiste che nel corso del duecento formarono il Contado di Jesi.

Da sempre comunità autonoma nell’ambito del Contado, nel 1808, con la fine del contado stesso, Castelbellino fu unito a Monte Roberto e a San Paolo di Jesi, ritornando autonomo solo nel 1818, autonomia confermata poi nell’assetto amministrativo seguito all’Unità d’Italia. Per diversi anni, fino alla sua morte, abitò a Castelbellino Garibalda Canzio, nipote di Giuseppe Garibaldi.

Chiesa della Madonna di Lourdes in frazione Pantiere è stata costruita nel 1891.

Palazzo Berarducci dagli inizi del Novecento è sede comunale, la costruzione risale al primo Seicento.

Chiesa Parrocchiale di San Marco fu costruita tra il 1767 e il 1787 su disegno di Mattia Capponi.

Chiesa di S. Maria delle Grazie edificata agli inizi del Cinquecento e restaurata nel 1620, contiene un notevole affresco del 1508.

Villa Coppetti (XVIII secolo) dimora gentilizia della Famiglia Meriggiani, passò ai marchesi Merighi il cui stemma si può vedere ancora nel soffitto di un salone, poi ai baroni Franchetti e quindi alla famiglia Coppetti.

Monte Roberto

 

Comune di Monte Roberto

Piazza Ruggeri, 15 – 0731 702472

www.comune.monteroberto.an.it

comune.monteroberto@emarche.it

Monte Roberto è un caratteristico paese situato a 330 mt. s.l.m. nel contesto della grande Vallesina. Esso è circondato da un suggestivo panorama che permette di spaziare dagli Appennini fino all’Adriatico.

Monte Roberto si estende per 13,5 chilometri quadrati con una popolazione di circa 2600 abitanti, maggiormente stanziati nella frazione di Pianello Vallesina, che negli ultimi 50 anni ha vissuto un graduale sviluppo demografico ed economico. Qui nelle stagioni primaverile ed estiva si gode di un clima particolarmente mite e gradevole. Il nostro territorio ha una spiccata vocazione vitivinicola e si colloca nella zona del Verdicchio dei Castelli di Jesi.

Monte Roberto si caratterizza inoltre per l’olivicoltura: vasti e secolari uliveti sono disseminati nel territorio del nostro ameno paese. Non lontano da Pianello V. si estendono, pianeggianti, l’area di Ponte Pio e la zona di S. Apollinare, che hanno favorito l’insediamento di importanti aziende e lo sviluppo dell’artigianato locale. Monte Roberto, situato in posizione collinare, dista 15 chilometri da Jesi e appena 40 chilometri dal capoluogo dorico. Esso è ben collegato all’autostrada A14 e alla superstrada Ancona-Roma; la stazione ferroviaria più vicina si trova ad 8 chilometri. Inoltre l’aeroporto Raffaello Sanzio dista circa 30 chilometri e permette collegamenti in tutta Italia e all’estero.

San Paolo di Jesi

 

Comune di San Paolo di Jesi

Piazza D. Ricci, 1 – 0731 779088

www.comunesanpaolodijesi.it

comune@sanpaolodijesi.it

La sua origine è sicuramente legata alla presenza nel territorio di una piccola chiesa dedicata a San Paolo, forse appartenente a monaci. Tale circostanza ha dato origine al toponimo “Castrum Montis Sancti Pauli“, con il quale è stato denominato fin dall’inizio il primo nucleo abitato della zona.

La prima attestazione del primitivo “Castrum” si ha però solo nel 1079 ed è contenuta in un documento riguardante la cessione di alcuni beni fatta da un certo Ugo di Alberto dell’Eremo di San Giorgio in Camaldoli, mentre risale al 1275 la prima menzione di San Paolo come castello del contado di Jesi. Verso la prima metà del XV secolo, quando la città di Jesi fu definitivamente acquisita allo Stato della chiesa e al governo di un solo rappresentante, anche San Paolo riconobbe la sovranità del pontefice, mediata dalla giurisdizione esercitata da Jesi sui castelli del proprio contado. Il castello di San Paolo mantenne lo stato di appartenenza al contado jesino fino al 1808. Fu nel 1818 che per volere di papa Pio VII, il comune di San Paolo riebbe la sua autonomia fino al 1928, quando l’allora governo fascista, lo aggregò ad un altro comune, Staffolo, del quale fece parte fino al 1946 quando ritornò ad essere autonomo.

 

Chiesa parrocchiale di S. Paolo (XVIII secolo) all’interno una bella tela del Pomarancio “Madonna con Apostoli” datata 1620, il Battistero del 1708 e uno splendid organo restaurato di recente.

Chiesa della Misericordia (XVI secolo) ristrutturata alla fine dell’ottocento, è particolarmente cara alla fede dei cittadini, sorge nei pressi del cimitero.

La “Fonte pubblica” anticamente denominata fonte di S. Paolo, ha da sempre rappresentato un importante luogo di incontro tra le genti. E’ stata riaperta al pubblico nel 2001.

Vulcanelli di fango in contrada Fonte e in contrada Battinebbia. Sono fenomeni naturali di uscita di gas e di acqua dal sottosuolo che riproducono, in miniatura, le forme di vulcani.

La “Bottega del vino” inaugurata nel 1997, è situata in un angolo suggestivo del centro storico; è gestita in collaborazione con l’Associazione italiana Sommeliers.

Palazzo Bassi (XVIII secolo) dal 1997 proprietà del comune che lo sta recuperando. Nel 2003 è prevista l’ultimazione degli interni.

Ancona

Comune di AnconaRTEmagicC_ancona_01.gif Largo XXIV Maggio, 1 – 071 222 1

www.comune.ancona.it

comune.ancona@emarche.it

Uno dei principali porti d’Italia ed è capoluogo dell’omonima provincia e della regione Marche. Caratterizzata dalla posizione a picco sul mare, dal centro ricco di storia e monumenti, dai parchi semi-urbani ben conservati e dai pittoreschi dintorni della costa del Conero. Protesa verso il mare, la città sorge su un promontorio a forma di gomito piegato, che protegge il più ampio porto naturale dell’Adriatico centrale. I Greci di Siracusa, che fondarono la città nel 387 a. C. notarono la forma di questo promontorio e per questo motivo chiamarono la nuova città Αγκών, “ankon”, che in greco significa gomito. L’origine greca di Ancona è ricordata dall’epiteto con la quale è conosciuta: la “città dorica”. Oggi arricchita dai 49 Comuni, la provincia di Ancona è una realtà politica ed istituzionale ben presente sul territorio, attiva in tutti i settori della vita pubblica.

IL PORTO DI ANCONA

I rioni storici, arrampicati su varie colline, si affacciano sull’arco del porto come intorno al palcoscenico di un teatro… Dal suo porto partono ogni anno circa un milione di viaggiatori diretti soprattutto in Grecia e Croazia, ma anche in Albania, Turchia e Montenegro; è infatti il primo porto RTEmagicC_Ancona-porto.jpgadriatico per numero di imbarchi, e uno dei primi per le merci e per la pesca. Parte del territorio di Ancona rientra all’interno del Parco regionale del Conero, caratterizzato da ampi boschi sempreverdi di macchia mediterranea, da scogliere a picco sul mare, da spiagge raggiungibili solo a nuoto, da una campagna di alto valore paesaggistico e ricca di prodotti tipici, come la lavanda, il miele, l’olio, i legumi. Peculiari del territorio sono anche la lavorazione della carta a Fabriano e quella degli strumenti musicali a Castelfidardo e Osimo. La città possiede varie spiagge; la più centrale è quella del Passetto, tipica spiaggia di costa alta, ricca di scogli, tra i quali la Seggiola del Papa (uno dei simboli della città), lo scoglio del Quadrato, molto apprezzato per la possibilità di tuffarsi nell’acqua profonda. A Nord del porto la costa è bassa. In questa zona da ricordare è la spiaggia di Palombina, sabbiosa, di carattere urbano e con un’aria vivacemente popolare, in vista del Golfo Dorico e bordata dalla linea ferroviaria. Il territorio cittadino è caratterizzato da un’alternanza di fasce collinari e di vallate.

UNA STORIA BEN CONSERVATA

Pinacoteca civica Francesco Podesti: situata all’interno di palazzo Bosdari, in via Pizzecolli. Tra le altre possiamo trovare opere di Carlo Crivelli, del Tiziano, di Lorenzo Lotto, del Guercino, di Sebastiano del Piombo, di Orazio Genitileschi, di Andrea Lilli, di Francesco Podesti. Duomo di San Ciriaco: indispensabile la visita sul colle Guasco della Cattedrale, affacciata sul golfo ed il porto, e da dove si domina la città. Prima antico tempio di Afrodite RTEmagicC_duomo_ancona.jpgin epoca greca, in seguito basilica di San Lorenzo nel VI secolo e infine Duomo di Ancona dedicato a San Ciriaco nel 1017, è un classico esempio di arte romanica in cui si intrecciano elementi bizantini e gotici. Bellissima la facciata con portico ad archi concentrici e colonne sorrette dalle statue di due leoni. Nei suoi sotterranei sono visibili tracce delle precedenti e remote edificazioni su cui sorge l’attuale edificio. La locazione fa del Duomo un romantico punto di riferimento poichè da qui si possono ammirare dei meravigliosi tramonti sul golfo ed il viavai delle navi del porto. Museo diocesano: allestito nel vecchio Episcopio situato nel piazzale del Duomo alla sua sinistra. Ricco delle testimonianze di una fede che ha origini antichissime, essendo legato l’arrivo del Cristianesimo al protomartire Santo Stefano, comprende una collezione di sculture, di dipinti, di oggetti sacri e i resti delle chiese abbattute o bombardate (tra tutte le parti recuperate, suggestive quelle della storica chiesa di San Pietro). Tra i pezzi più celebri non possono non essere citati quattro arazzi dai colori vivissimi, tratti da cartoni del Rubens. Museo archeologico nazionale delle Marche: è ospitato all’interno del cinquecentesco Palazzo Ferretti, permette un interessante viaggio nel tempo grazie alle RTEmagicC_Passetto-Ancona.jpgtestimonianze ricchissime di tutte le civiltà della regione. Comprende le seguenti sezioni: Preistorica (dal Paleolitico, al all’età del Bronzo) Protostorica (sezione caratterizzante il museo, grazie ai bellissimi reperti del popolo piceno, che abitava nelle Marche nell’età del Ferro; la sezione comprende poi le testimonianze dell’invasione dei Galli). Da anni si attende la riapertura delle Sezione Greca, che esporrà i reperti della necropoli di Ancona, della Sezione Romana, pure ricchissima, della Sezione Medievale e della notevolissima collezione numismatica. Museo della città: è un museo di storia urbana, situato in Piazza del Papa. Tra i pezzi da segnalare le vedute della città di Luigi Vanvitelli e un grande plastico in legno che ricostruisce la città di Ancona nel 1844. Teatro delle Muse: la facciata domina Piazza della Repubblica ed è subito visibile a chi arriva in città dal porto. Costruito su progetto dell’architetto RTEmagicC_muse_01.jpgPietro Ghinelli di Senigallia ed inaugurato il 28 aprile 1827, dell’edificio originario è stata conservata la monumentale facciata neoclassica con timpano e bassorilievi, nonchè lo scalone d’ingresso. Dopo una lunga ristrutturazione dai danni della guerra nel ’43 e del terremoto del 1972, all’interno il nuovo teatro è stato concepito come una piazza urbana caratterizzata da due porticati laterali in pietra d’Istria. Di grande impatto l’artistico sipario tagliafuoco, con sculture in bronzo di Valeriano Trubbiani. E’ una modernissima struttura: la sala con grande palco, ha 1057 posti suddivisi tra platea e tre gallerie, c’è anche un teatro ridotto di 186 posti, tre sale prova, camerini e foyer per artisti, il grande foyer per il pubblico e il salone delle feste, gli uffici e i servizi. Il Teatro delle Muse è uno dei luoghi d’arte, musica e cultura più prestigiosi del centro Italia! Arco di Traiano: situato nel molo Nord del porto commerciale di Ancona, è un’elegante opera in marmo turco dell’architetto siriano Apollodoro di Damasco, eretto nel 115 d. C. in onore dell’imperatore Traiano, che aveva fatto ampliare e migliorare il porto della città. L’Arco di Trionfo di Ancona, snello, raffinato, armonioso ma allo stesso tempo imponenete è tra i meglio conservati degli esistenti e rappresenta certamente una delle testimonianze monumentali più preziose delle Marche romane. Vicino c’è l’Arco Clementino, del Vanvitelli, accesso sulle mura portuali.

UNA CUCINA CHE PROFUMA DI MARE…

Il simbolo universalmente riconosciuto delle tradizioni gastronomiche di Ancona è lo “stoccafisso all’anconitana”, celebrato da manifestazioni ricorrenti nell’anno e tutelato da una apposita accademia. Caratterizzato da un delizioso profumo, da una lunghissima cottura, dalla presenza di patate in pezzi grossi e da una grande abbondanza di vino ed olio di frantoio. Dopo lo stoccafisso l’altro re della cucina anconitana è il “mosciolo”, nome locale del mitilo o cozza, che da queste parti non si alleva, ma si pesca sulle scogliere naturali. Recentemente il “mosciolo di Portonovo” è stato riconosciuto come “prodotto di origine protetta”.

LA LEGGENDA DELLA “CAMPANA SOMMERSA”

Sotto lo sperone del Guasco ci sono ancora i resti di un’antichissima roccia sulla quale sorgeva la chiesa di San Clemente: con il nome della chiesa è infatti indicato lo scoglio. La chiesa non esiste più, franata secoli or sono in mare a causa dell’erosione delle onde. Secondo la leggenda la campana della chiesa è ancora nascosta sul fondo del mare, e durante le tempeste ancora si può sentire il suo suono, in mezzo al fragore delle onde. Non sono però più i fedeli ad essere richiamati, ma le creature del mare, che accorrono a frotte sotto l’antico scoglio.  

Arcevia

RTEmagicC_StemmaArcevia.gifCOMUNE DI ARCEVIA

 

 

Il territoriRTEmagicC_arcevia-porta2.jpgo arceviese presenta insediamenti che dalla preistoria giungono fino ai giorni nostri. In località di Ponte di Pietra è stato scoperto un insediamento risalente a circa 20.000 anni fa. L’età del rame è rappresentata da Donelle, sito di importanza eccezionale nell’ambito della protostoria italiana. Alla fine dell’XI sec. a.C. (età del Bronzo) appartiene l’insediamento sulla sommità del monte Croce-Guardia che sovrasta Arcevia. La zona torna ad offrire testimonianze molto rilevanti durante il periodo dell’invazione celtica dei Galli Senoni. In località Montefortino si trovavano un luogo di culto ed una grande necropoli da cui sono stati recuperati preziosissimi materiali (armi, corredi ceramici e corone auree). In epoca romana il territorio di Arcevia venne suddiviso tra i Municipi di Sentinum, Ostra e Suasa, e diversi piccoli insediamenti rurali prosperarono soprattutto tra il I e il IV secolo d. C. L’origine del centro abitato di Rocca Contrada, oggi Arcevia, viene fatto risalire, da un’antica leggenda, all’epoca dell’invasione franca al seguito di Carlo Magno (VIII-IX d. C.), come indicherebbe la dedica della Chiesa principale a S. Medardo, anticamente molto venerato oltralpe. Sorta in una zona di confine dove convissero longobardi, bizantini e franchi, Rocca Contrada si fortificò sino a costituirsi in Libero Comune tra il XII e XIII sec.

Dopo diversi assedi papalini, i roccheggiani aprirono le porte a Sigismondo Pandolfo Malatesta, ritornando così alleati della Chiesa. Per questa sua fedeltà, le fu conferito, nel 1449, il titolo di “Propugnaculum Ecclesiae” da papa Nicola V. Nel XVI sec. divenne luogo di soggiorno per nobili casati, personaggi illustri ed alti prelati, arricchendosi così di suntuosi palazzi ed opere d’arte. Quando lo Stato della Chiesa incorporò il Ducato di Urbino, la Duchessa Livia della Rovere ottenne il Governorato perpetuo di Rocca Contrada lasciandovi significative testimonianze.

Nel 1817 Pio VII con Lettera Apostolica mutò il nome di Rocca Contrada in Arcevia, confermandone il nobile e antico titolo di “città”. La strada provinciale 360 che sale lungo la fiancata sinistra della valle del fiume Misa, mentre il panorama si apre dal Monte San Vicino al Monte Camiliano ed appare la Parrocchiale di San Silvestro sulle mura in cotto di Montale e subito dopo il profilo del castello di Piticchio ed in fondo alla vallata dell’Acquaviva si intravede il famoso vallo preistorico di Conelle, la strada che continua a salire per stretti tornanti giunge ad Arcevia, l’antica Roccacontrada. “Roccacontrada è castello ai confini della Marca, di torri e di natura di luogo munitissimo, et in quello è la Rocca per sito e per mura fortissime. Non era speranza di poterla per forza havere, ma per assedio o carestia di acqua”.

Così nel 1434 Giovanni Simonetta, biografo ufficiale di Francesco Sforza descrive Roccacontrada. RTEmagicC_arcevia.jpgLa cittadina allungata su un contrafforte, all’inizio della valle che domina fino all’Adriatico, ancora oggi è circondata interamente da una possente cinta muraria in pietra bianca, con quattro porte e torrioni a presidio delle antiche vie di accesso. Centro culturale, turistico ed agricolo importante fin dal Rinascimento, conserva ancora la struttura urbanistica medioevale.

Il vasto territorio abitato fin dalla preistoria conserva reperti molto interessanti nel Museo Archeologico Statale del Centro Storico, dal neolitico alla necropoli gallica di Montefortino. Alla fine dell’ottavo secolo si costituì la prima comunità di origine franco longobarda che dedicò la Chiesa più importante a San Medardo, vescovo francese sepolto in una grande Abbazia a Soissons, mentre nel territorio venivano edificate altre abbazie dedicate a San Michele Arcangelo protettore prima dei Longobardi e poi dei Franchi. Sul Monte Camiliano il 16 settembre 2007 è stata riconsacrata, dopo complessi lavori di restauro, l’antichissima Chiesa dell’Arcangelo Michele, la prima Chiesa in Italia dedicata alla polizia di Stato.

Tra il 1200 ed il 1600 Rocca Contrada fu tra i Comuni più importanti delle Marche per estensione di territorio conquistato, per popolazione, per la sua ubicazione strategica, per alleanze politico militari, per la lavorazione del ferro, della ceramica e del cuoio. Braccio Fortebraccio dei Conti di Montone nel 1407, chiamato in soccorso per spezzare un lungo assedio, chiamò Roccacontrada “fondamento del vasto suo imperio” vi risiedette più volte e nel 1420 nominò suo figlio Oddo conte di Roccacontrada. L’episodio è ricordato da una imponente stele posta al Ponte del Goro nel seicentesimo anniversario. L’attuale cinta muraria è stata costruita da Roberto di Sanseverino per ordine di Francesco Sforza, suo nipote nel 1434. Luca Signorelli soggiornò a Roccacontrada dal 1507 al 1508 dipingendo il grandioso Polittico ed il Battesimo sul Giordano per la Collegiata di San Medardo e la Madonna in RTEmagicC_arcevia3.jpgTrono con i Santi per la Chiesa di San Francesco, requisita dai francesi nel 1811 per la pinacoteca di Brera, chiamata la Pala di Arcevia e ritornata per la mostra inaugurata il 13 marzo da Vittorio Sgarbi che sarà aperta fino al 28 settembre.

Nella Collegiata di San Menardo vi sono anche capolavori di Della Robbia, Ridolfi, Cantarini, Ramazzani, Piergentile da Matelica e Venanzo da Camerino, Corrado Teutonico, Lionardo Scaglia, Cesarino del Roscetto e memorie di illustri arceviesi, Angelo Rocca, Anselmo Anselmi, Padre Giuseppe Giafranceschi, Gerolamo Mannelli. L’itinerario urbano nell’antico centro storico comprende anche la Chiesa, la torre campanaria ed il complesso museale di San Francesco, Il Teatro, le Chiese di Santa Maria del Soccorso, San Sebastiano, San Francesco di Paola e Sant’Agata di Arcangelo ed Andrea Vici, famosi architetti che saranno ricordati nel 2008 con importanti celebrazioni, Palazzo Mannelli, Palazzo Mannucci-Ruggeri, Palazzo Comunale, Palazzo Anselmi, Parco Leopardi Torrione di Santa Lucia.

Camerano

Comune di Camerano

Via S. Francesco – 071 730301

www.comune.camerano.an.it/ 

Camerano, l’antica “Cameranum” o “Camburan” come viene chiamata in termini dialettali, ha antichissime origini. Il primo insediamento umano documentato nella zona dell’attuale Camerano risale al periodo tra il VII e VI millennio a.C. ed era abitato dagli antichi piceni. In seguito, tale territorio passò dal controllo dei Piceni a quello dei Romani. Quello tra il 1815 e 1819 fu per Camerano un periodo di grave carestia. Nel 1860 dopo la battaglia di Castelfidardo e la sconfitta dell’esercito pontificio venne occupata dai Piemontesi che la annetterono al Regno d’Italia. Nel 1872, Camerano aveva costruito il teatro “Maratti”. Agli inizi del ‘900 furono gettate le fondamenta del futuro sviluppo dell’industria e dell’artigianato. Nel 1916 nacque a Camerano la fabbrica di strumenti musicali “Scandalli” e, nel 1919, si costituì la cooperativa “L’Emancipatrice” per la fabbricazione di busti e berretti. Nel dopoguerra e precisamente nel 1964, dalla fusione delle preesistenti ditte, “Scandalli” di Camerano e “Soprani” di Castelcameranofidardo, nasceva la fabbrica di strumenti musicalil “Farfisa”, rivoluzionaria per l’epoca. Seguirono industrie medie e piccole di ogni genere, impegnate però, in modo particolare nel settore della lavorazione del legno, dei metalli e della plastica, nonchè nel settore dell’abbigliamento.

 

COSA VISITARE:

Chiesa di S. Francesco (XIII secolo) fondata come narra la tradizione, dallo stesso S. Francesco, l’edificio conserva della struttura primitiva il monumentale portale in pietra. Suggestivo l’attiguo convento successivamente adibito a sede comunale.

Castelvecchio sulla sommità della rupe chiamata “Sassone” si adagia il vecchio castello medievale. Tra gli edifici più importanti il palazzo dei conti Ricotti, tuttora integro da rimaneggiamenti, nonchè i resti della chiesa di S. Apollinare (la piu antica del paese).

Chiesa Parrocchiale inizialmente di dimensioni piu piccole, venne radicalmente trasformata a croce greca nel 1676. Nel 1744 fu elevata a Collegiata. Nell’abside si trova la pregevolissima tela del Maratti, ritenuta dalla critica d’arte la piu importante opera giovanile del pittore cameranese.

Chiesa di S. Germano tipicamente rurale, lega le sue origini alle colonie di Schiavoni (slavi) emigrati in questo territorio nel XV secolo. Di particolare valore l’antico organo ora restaurato.

Palazzo Mancinforte (XVI secolo) l’attuale aspetto architettonico è dovuto ai restauri effettuati nel 1850. Di notevole interesse il giardino collocato al suo interno, che conserva le caratteristiche forme medioevali dell'”hortus conclusus”.

La Gradina e i cunicoli a poca distanza da S. Germano è visibile una “gradina”. Sebbene restino ancora sconosciute le origini delle gradine e la loro funzione, si pensa che queste colline a forma conica fossero dei villaggi fortificati preistorici. Nelle zone vicine sono presenti numerosi cunicoli, per il rifornimento idrico o come opera militare di difesa.

Biblioteca Comunale dispone di circa seimila volumi. Annesso alla Biblioteca è il fondo Marinelli composto di 1143 volumi che trattano diversi temi: dall’ascetica alla storia ecclesiastica, dalla mistica all’eloquenza, ecc. Di particolare interesse la raccolta di Leggi Pontificie dal 1816 al 1859.

Grotte di Camerano scavate nell’arenaria e anche comunicanti percorrono il sottosuolo del centro storico con andamento labirintico. A lungo si è ritenuto che fossero i resti di antiche cave arenarie o addirittura luoghi per conservare il vino. Ma le esplorazioni, le interpretazioni effettuate e i percorsi turistici, che hanno reso queste grotte oggi fruibili, hanno svelato la presenza in quasi tutti gli ambienti di abbellimenti architettonici, bassorilievi e particolari decorativi che poco si addicono a cave arenarie o a semplici locali di deposito: volte a cupola, a vela, a botte, sale circolari e colonne particolare gusto architettonico, decorazioni con fregi, motivi ornamentali e simboli religiosi costituiscono una delle costanti dell’intero percorso.Svelano agli occhi spesso attoniti del visitatore un paese sotterraneo quasi fiabesco ricco di fascino, una Camerano segreta in cui trovano concretezza storia e leggenda. L’interpretazione oggi più plausibile è quella di un uso abitativo, rituale, e difensivo anche non molto remoto visto che 1944, l’intero sistema ipogeo venne adibito a rifugio per la popolazione contro i bombardamenti.

Genga

Comune di Genga

 Via Corridoni – 0732 973014

www.comune.genga.an.it 

segretario@comune.genga.an.it

Pur vantando origini risalenti addirittura alla preistoria, questo paese di duemila abitanti conobbe il suo maggiore sviluppo in epoca medievale, racchiuso com’è intorno ad un antico castello (forse XI secolo). Fece parte dei possedimenti del monastero di S. Vittoree fu anche dei Conti della Genga da cui prese il nome. Occupata a più riprese da Fabriano (prima i Chiavelli e poi Francesco Sforza), qui nacque Annibale della Gengadivenuto Papa con il nome di Leone XII.

Importante a livello artistico monumentale sono: le Murala Chiesa di S. Clemente,l’Abbazia di S. Vittore.

Tra “stalattiti” e “stalagmiti”

Genga è famosa in tutto il mondo per le grotte di Frasassi e per le terme che sfruttano una sorgente di acqua sulfurea che sgorga nella stessa gola: scoperte nel 1971 dal Gruppo Speleologico Marchigiano CAI di Ancona ed aperte al pubblico nel 1974, costituiscono un grandioso complesso ipogeo. genga marche

Il percorso è molto suggestivo e l’illuminazione, curata dal noto scenografo Cesarini da Senigallia, accentua le forme ed i colori delle concrezioni, stalattiti intarsiate, gigantesche stalagmiti, laghetti serrati tra arabeschi di cristallo, lance di alabastro che si staccano dalle volte maestose. Lo scenario esterno è quello dell’appennino umbro-marchigiano con un poderoso sviluppo del fenomeno carsico e la presenza di una natura austera ed incontaminata che mantiene intatti i segni di un passato millenario. Siamo a Frasassi tra due montagne tagliate a picco su una gola selvaggia dentro la quale scorre a fatica il Sentino. Le rocce che sovrastano la gola sono state progressivamente corrose dalle acque divenendo cosi  permeabili. Tale azione corrosiva  ha operato  anche in profondità creando ampie fratture e complessi ipogei. A metà parete della sponda destra del fiume si affaccia l’androne immenso della “Grotta del Santuario” certamente abitato dall’uomo preistorico.

Morro d’Alba

la Patria delle Lacrima

P.zza Romagnoli, 6 – 0731 63013 

www.comune.morrodalba.an.it

comune@comune.morrodalba.an.it

Le mura di Morro d’Alba vigilano sul panorama dolce della campagna marchigiana, segnata da poderi e alture coronate da caratteristici borghi. A dispetto delle sue dimensioni, Morro vanta alcuni primati invidiabili, come il fatto di essere l’unico borgo fortificato in Italia le cui mura siano percorse per tutta la lunghezza da un cammino di ronda coperto e munito di arcate, la famosa “scarpa“.

A Morro è stato ritrovato il famoso medaglione aureo, ora a Roma, che riporta la sola immagine su conio conosciuta dell’imperatore Teodorico e da qui proviene anche la rara bombarda del XIV secolo ora a Torino. Qui è nato Enzo Cucchi, pittore di fama internazionale.

Morro d’Alba è incantevole per la pace e l’armonia del paesaggio e del borgo, luogo ideale per chi desidera incontrare natura e storia, arte e cultura.

Il palazzo comunale venne costruito tra il 1763 e il 1775. Nei locali della residenza comunale sono conservate varie opere, tra cui una pala d’altare di Claudio Ridolfi, pittore di origine veneta, ma attivo soprattutto nelle Marche, raffigurante “L’incoronazione della vergine e Santi” e una tela del XVII secolo raffigurante San Michele Arcangelo, un tempo collocate all’interno di chiese locali.

Nei sotterranei dell’Auditorium S. Teleucania è allestita una mostra permanente di foto del Maestro Mario Giacomelli sul Cantamaggio.

Sirolo

SIROLO, I CARAIBI DELL’ADRIATICO

Storia di un’antica bellezza…

coneroI ritrovamenti lungo le pendici del Conero inducono a pensare che il territorio di Sirolo fosse già abitato in epoche preistoriche e specificatamente nell’età neolitica (circa centomila anni fa). Passando al IV-III secolo a.C., scopriamo che i Greci già avevano cominciato a costruirvi dei punti di appoggio lungo la costa. La civiltà che diede però, al territorio di Sirolo un’impronta storico culturale tutta particolare, fu la picena, della quale si conservano innumerevoli e vive testimonianze. Sirolo, conosciuta come terra di eroici guerrieri, attraverso i secoli, è rimasta famosa per la sua potenza, per la sua forza, anche grazie alle sue possenti torri, alle sue mura, alla sua posizione inespugnabile che gli ha consentito di resistere agli attacchi degli assalitori, fossero essi Greci, Saraceni, Barbari o il potente Malatesta signore di Rimini (1416).

La presenza di attrezzi di ogni genere e di armi in pietra, ritrovate anche di recente lungo le pendici del Conero in grotte ed in superficie, inducono a pensare che il territorio di Sirolo fosse già abitato in epoche preistoriche e specificatamente nell’età neolitica, circa centomila anni fa.

Passando due-sorellecon un gran balzo, ad epoche più vicine a noi, e precisamente al III-IV secolo a.C., scopriamo che i Greci già avevano incominciato a costruirvi dei punti di appoggio lungo la costa. Essi furono attratti, oltre che dalla bellezza delle donne, dal gusto aromatico del vino, dall’abbondante frutta (corbezzoli, ciliegi, mandorli, noci), dalla selvaggina (caprioli, cinghiali) e dalle acque sorgive che sgorgavano copiose. La civiltà che diede, però, al territorio di Sirolo un’impronta storico culturale tutta particolare, fu la picena, della quale si conservano innumerevoli e vive testimonianze.

Una natura incontaminata…

spiaggia-s.michele-sirolo-agriturismo-fiori-di-campo-1024x768Sirolo, conosciuta come terra di eroici guerrieri, attraverso i secoli, è rimasta famosa per la sua potenza, per la sua forza, anche grazie alle sue possenti torri, alle sue mura, alla sua posizione inespugnabile che gli ha consentito di resistere agli attacchi degli assalitori, fossero essi Greci, Saraceni, o Barbari e finanche al potente Malatesta (1416).

In un paradiso di bellezze uniche, profuse a piene mani da madre natura, si eleva a picco sul mare a 125 m. di altitudine, staccandosi e distinguendosi anche in lontananza dalla costa piatta e dagli altri paesi rivieraschi, come volesse ricordare le antiche gesta. Le spiagge ancora selvagge, le insenature, gli splendidi scogli, le grotte, le acque profonde di un azzurro ineguale, le pinete che si spingono sino alla battigia del mare ed il monte Conero alle spalle, rendono Sirolo interessante, tanto da farsi scegliere da chi va alla ricerca di una natura ancora incontaminata.

San Marcello

Comune di San Marcello

Via Matteotti, 20 – 0731 267014

comune.sanmarcello@emarche.it  

 

San Marcello, posto sul più alto colle a sinistra dell’Esino, vanta un’altezza di 233 metri s.l.m., una superficie di 25,52 Kmq ed un numero di abitanti pari a 1.931.

La cittadina, dotata di una bella serie di mura castellane, è particolarmente ricca di notevoli palazzine in stile rinascimentale. 

Intorno al Mille giungono sul “colle più alto della zona posta a sinistra del fiume” (dizionario Benedettino, anno 1029) alcuni monaci benedettini. Verso il 1100 Federico I estende il confine di Jesi oltre il territorio di San Marcello, sottraendolo in parte a Monte San Vito. Nel 1213 Senigallia cede a Jesi un gruppetto di case (Villa, non castello) presso San Marcello. Nel 1429 si ricostruiscono le mura e le porte castellane, distrutte nelle lotte tra Guelfi e Ghibellini; la ricostruizione ha luogo per volere del cardinale di Jesi. Nel 1511 San Marcello, primo fra i castelli, ottenne il privilegio di porre sullo stemma il leone rampante, insieme con l’autonomia della zona di competenza. Nel 1579 ottenne l’autonomia amministrativa, affiancandosi a Jesi, come disposto dal governo pontificio. Dopo tale data  la storia di San Marcello coincide con quelle di Jesi e della Vallesina.

 

Ostra Vetere

Comune di Ostra Vetere

P.zza Don G. Minzoni, 1 – 071 965053

www.comune.ostravetere.an.it

seg.ostravetere@provincia.ancona.it

Le prime testimonianze archeologiche risalgono al Paleolitico, ma la valle viene ad assumere una importante rilevanza strategico-economica nella prima metà del IV secolo a.C. con l’arrivo delle popolazioni celtiche che scacciarono gli Umbri  da questi territori.

All’indomani della battaglia di Sentino (Sassoferrato) del 295 a.C. nella quale i Romani sconfiggono una coalizione di Celti e di popolazioni italiche, inizia la colonizzazione romana del territorio. In epoca carolingia gli abitanti di quest’area andarono ad insediare la collina antistante l’antico centro, che definirono con una denominazione tipica di questo periodo di rinascita, “Monte Novo“.

Nel corso del ‘200 il villaggio di Monte Novo si costituì in comune autonomo, entrando nel 1251 nella sfera d’influenza del potente Contado di Jesi. Negli anni successivi all’annessione al Regno d’Italia scoppierà una lite fra Montaldobbo, che nel frattempo aveva assunto il nome di Ostra e Montenovo per contendersi l’eredità culturale e storica dell’antico centro romano e fregiarsi del suo nome. Nel 1882 il Comune di Montenovo otterrà, dietro sua richiesta, con regio decreto, di trasformare il suo nome in quello di Ostra Vetere.

 

DA VEDERE:

Museo Parrocchiale di Arte Sacra

Scavi “Ostra Antica” (in località Muracce)

Santuario di San Pasquale Baylon

Corinaldo

Comune di Corinaldo

Largo XVII Settembre 1860, 1/2 – 071 6793236

 

Situata tra le colline dell’entroterra ad eguale distanza dall’Adriatico e dall’Appennino, gode di un clima dolce e asciutto. E’ ricca di ricordi storici e di monumenti.

Corinaldo consente facili escursioni e collegamenti con le località balneari montane, climatiche e storiche dell’Italia centrale. Città medievale e patria di S. Maria Gorettioffre un soggiorno tranquillo con i suoi viali di tigli, con la tradizionale cucina e il vino sincero dei suoi tipici ritrovi, col suo silenzio, col suo antico colore del tempo.

Intorno all’ anno  1000 a seguito del fenomeno dell’INCASTELLAMENTO sorge sul colle tra i fiumi Misa e Valcesano  quello che è l’antico centro di Corinaldo al tempo tra le marche di Ancona e di Urbino, e per questo  è  attraversato tra le diatribe delle fazioni Guelfe e Ghibelline e considerata la sua strategica posizione diviene presto un avamposto conteso tra i vicini Comuni fino al 1291 quando Papa Nicolò IV le riconosce il titolo di “libero Comune”  naturalmente di parte Guelfa in quel periodo storico.

 A seguito della tirannica dominazione di un suo concittadino, un certo Nicolò di Buscareto, nominato Vicario Imperiale da Ludovico il Bavaro tornò di parte Ghibellina ma solo per un certo lasso di tempo finchè quando nel 1360 e più precisamente il 18 agosto Galeotto Malatesta alla testa dell’esercito papale di Innocenzo VI per volere di riconquista la rade al suolo.

Fu Papa Urbano che nel 1367 volle la sua ricostruzione e le attuali mura risalgono da quel periodo storico, portando i segni dell’opera del famoso architetto militare di corte malatestiana Francesco di Giorgio Martini.

Le famiglie signorili si susseguono così  anche nella storia del  piccolo centro di Corinaldo che porta i segni della costruzione di case e nobili palazzi, ma anche fastose architetture ecclesiastiche, un destino che accomuna tutti i nuclei cittadini dell’attuale Regione ma della fascia centrale della penisola  in questo periodo storico fatto di lotte intestine tra comuni e signorie.

A Corinaldo le più importanti che lasciarono tracce del loro passaggio furono i Malatesta, gli Sforza e poi i Della Rovere, tanto che il Duca di Urbino Francesco Maria ne tenta la conquista nel 1517 anche se invano dopo un assedio lungo 21 giorni i corinaldesi  constringono i Duca alla ritirata e fuga riconsegnando di fatto l’amministrazione cittadina al Papa Leone X che per la loro fedeltà premia il paese elevandolo a rango di “ città” .

Questa è una delle pagine più avvincenti della storia di Corinaldo da cui vi è anche la derivazione della nota leggenda della  “contesa della polenta nel pozzo” , una dignità che venne riconfermata dal Papa Pio VI il 20 giugno del 1786.

Tra i nomi più eccellenti che diedero particolare lustro al piccolo centro per la loro presenza possiamo citare il Pittore barocco Claudio Ridolfi che qui visse a lungo e vi morì, e che lascia tracce del suo passaggio con alcune sue opere che ad oggi sono ancora conservate in due chiese .

Altro importante protagonista della vita culturale di Corinaldo è Gaetano Callido l’organista che qui vi risiedette quando anche la figlia fu accolta all’interno del monastero .

Il suo centro storico è circondato da imponenti mura fortificate come precedentemente detto sono  le meglio conservate dell’intera Regione;

 da due porte principali si accede al centro storico una delle quali sul lato basso del paese ci conduce attaverso la sua scalinata di 100 scalini alla parte alta del centro storico dove si può ammirare il neoclassico Palazzo Comunale che presenta sulla parte frontale un grande loggiato davanti al quale se giriamo la testa possiamo mirare un ex Convento degli Agostiniani della seconda metà del ‘700 ad oggi riqualificato come Hotel. Come già precedentemente citate le sue mura si stagliano su un percorso che può diventare una passeggiata attraverso i suoi camminamenti lunga 912 mt, eventualmente visitabile con una guida locale.

Numerosi sono gli edifici religiosi ancora oggi perfettamente conservati quali la singolare Chiesa del Suffragio a pianta ottagonale, costruita sul Cassero Sforzesco che al suo interno accoglie una delle tele che il Ridolfi ha lasciato nel paese..

Poco lontana si trova la Chiesa dell’Addolorata con una cripta dedicata alla nativa Santa Maria Goretti, la cui devozione porta numerosi fedeli ogni anno qui in pellegrinaggio. L’attuale Santuario a lei dedicato si trova in quella che era la chiesa e convento già intitolate a S. Agostino ; un monumentale complesso monastico risalente al XVII-XVIII sec. Con annesso il campanile che ha caratteristica cuspide ispirata alla Chiesa del Santissimo Sacramento di Ancona.

Nella Chiesa di S.Francesco fuori dalle mura datata  XVIII sec. Opera dell’architetto Vici si conservano altri due dipinti  del Ridolfi .

In diversi periodi dell’anno p possibile visitando il paese trovarsi in mezzo a molte delle sue feste tradizionali, rievocazioni storiche come la Festa della polenta nel pozzo fondata sulla leggenda di un contadino che nei giorni dell’assedio del 1500 per riposarsi dalla lunga scalinata che stava salendo, portava con se un sacco di farina di mais che accidentalmente gli cadde all’interno del pozzo diventando tutta polenta….una vera manna per quel periodo difficile che stava attraversando la città, una leggenda frutto della goliardia tradizionale dei suoi cittadini chiamato anche per questo “il paese dei matti” per gli innumerevoli aneddoti che li contraddistinguono.

Da questa leggenda nasce la rievocazione storica della Contesa del Pozzo della polenta, che si svolge negli ultimi giorni del mese di luglio con tradizionali caroselli medievali, stand gastronomici e il lavoro annuale di molti corinaldesi che lavorano per questo evento creando abiti fastosi balli, lotte e giochi dell’epoca, vengono aperte le antiche cantine dove si possono gustare anche antiche ricette dell’epoca. Gli  abiti più fastosi e preziosi  vengono conservati ed è possibile ammirarli nella Sala Del Costume e delle Tradizioni Popolari .

Questi abiti vengono indossati durante la sfilata in costume che rievoca quella dei Duchi di Urbino quando nel 1517 vengono in visita per premiare la cittadinanza tutta di non aver ceduto all’assedio, una sfilata che coinvolge le vie del centro cittadino con gruppi di sbandieratori e giocolieri e si conclude con la tradizionale cena del Duca e della sua corte.

Oltre a questa tradizionale rievocazione storica a caratterizzare la vita del paese ci sono altre manifestazioni come la Festa di Halloween che coinvolge l’intero paese per una intera settimana.

Per queste e per molte altre ragioni vale la pena una passeggiata in uno dei borghi medievali pluripremiati con la bandiera arancione, non solo meta di un turismo religioso sempre vivo, per i suoi prodotti tipici per i vini di alta qualità che qui si producono grazie al lavoro in vigna di sapienti maestranze che uniscono la tradizione di un tempo e la rinnovata energia dei giovani che rendono vivo il paese la sua cultura e la sua amministrazione.

I monumenti più importanti risalgono per lo più al Settecento, secolo di espansione economica e di cospicui investimenti nel settore edilizio.

Corinaldo negli anni è divenuta pero famosa per la Festa delle streghe  che richiama turisti da tutta Italia, e non solo, 3 giorni in cui la città si tinge a festa, si trasforma in un set cinematografico pieno di cunicoli, angoli bui, taverne, maschere musica e allegria.
Halloween – La Festa delle Streghe. A Corinaldo (An), capitale italiana di Halloween. www.misstrega.it


La più importante festa di Halloween d’Italia.

Osimo

Comune di Osimo

Piazza del Comune, 1 – 071 72491

www.comune.osimo.an.it

info@comune.osimo.an.it

Importante nodo commerciale già al tempo dei Romani e sede vescovile fin dal IV secolo, la zona centrale della città è anche la più antica, in quanto fu la prima ad ospitare, in epoca picena, insediamenti abitativi.

Nel II sec. a.C. ad Osimo, già elevata a “municipium” da Roma, viene assegnato il titolo di colonia Romana. Al ritorno dalle imprese galliche, Cesare punta su Osimo, la città gli apre le porte nel 49 a.C. Essa è inoltre tra le prime città ad assistere al diffondersi tra la sua gente della fede cristiana.

Nel 754, con la discesa di Pipino, re dei Franchi, chiamato in soccorso dal Papa, Osimo viene ceduta allo stato della Chiesa, pur conservando la propria autonomia. Passa sotto il feudo dei Malatesta di Rimini che furono cacciati dopo un breve periodo (1399-1430) e i cittadini giurano nuova fedeltà al Papa. Nel 1435 entrarono in città le milizie sforzesche che vi restano fino al 1443. Ritornata alla Chiesa, Osimo è nuovamente al centro di furiose lotte, questa volta con i comuni vicini e soprattutto con Ancona, per motivi di confine. Dal 1797 è sotto il dominio francese fino all’avvento di Napoleone, che la occupa nel 1808. Ritorna alla sudditanza papale nel 1815. In seguito alla battaglia di Castelfidardo (1860) la città entra a far parte del Regno d’Italia.

Loreto

L’antica Lauretum, prende il nome dalla sua originaria ubicazione, dove secondo la leggenda religiosa degli angeli trasportarono la casa della Vergine dopo diverse soste finalmente in pianta stabile su un colle dove si trovava un fitto bosco di lauri, il lauro è una pianta che si dice “cara agli Dei”  e alla gloria degli uomini, un significato mistico e premonitore di quello che sarebbe divenuto il nome di un importantissimo centro abitato, meta fin dall’antichità per il suo patrimonio culturale e artistico nonché religioso e storico tutto racchiuso come in uno scrigno entro le mura cittadine.

Torquato Tasso scrisse : “qui gli angeli innalzarono il Santo Albergo che già Maria col Santo figlio accolse e il portare sovra i membri e sovra le acque”

Egli naturalmente si riferisce al culto della Santa Casa di Maria, Lauretana poi per volontà papale; casa che nella notte tra il 9 e il 10 dicembre del 1249, narra la leggenda mariana, gli angeli abbiano straslato su quel colle privo di abitazioni la Santa Casa della Vergine dove Maria ricevette l’Annunciazione dall’angelo della venuta del Salvatore. Proprio coincidente a questa data vi è la fondazione del centro abitato di Loreto.

 loreto02Diversa dalla leggenda religiosa vi è poi l’attestazione storica che inquadra le pietre della casa di origine certa palestinese ma che a differenza della traslazione fatta dagli angeli  della leggenda, vedono più favorita la teoria secondo la quale la reliquia, in seguito alla cacciata dei cristiani dalla terra Santa da parte dei mussulmani, fece il suo viaggio via mare, e con varie tappe fino ad arrivare sulle colline dell’entroterra marchigiano; gli angeli non sarebbero altro che il nome della Famiglia che effettuò il trasporto e si occupò di ricostruire la Reliquia mariana sul sito che attualmente occupa, all’interno della Basilica di Loreto. Attestazioni dell’autenticità delle sue origini sono anche i graffiti che vennero ritrovati e studiati sulle pietre  simili a quelli giudeo cristiani risalenti al II-V secolo che vennero rinvenuti a Nazaret in Terra Santa.

Attualmente la Santa Casa composta da tre mura, in quanto una parete era formata dalla pietra della grotta della dimora originaria della Vergine Maria, è custodita dentro la Basilica; il Santuario Mariano voluto dal Vescovo di Loreto Nicolò delle Aste nel 1469 che venne costruito appunto per proteggerla, e venne terminato nell’anno 1587, successivamente venne eretto il campanile disegnato da Luigi Vanvitelli, prendeva così corpo la sontuosa costruzione architettonica, riccamente decorata e impreziosita che oggi si apre ai nostri occhi entrando dentro un luogo soprattutto mistico e carico di phatos. La casa è altresì contenuta dentro un sontuoso rivestimento marmoreo progettato da Donato Bramante.

Tra le vg_santacasa_09preziose cappelle e sacrestie notevoli sono la Sacrestia di San Marco o del Melozzo recentemente restaurata dove possiamo ammirare gli affreschi di Melozzo da Forlì, all’interno della Casa possiamo ammirare la Madonna nera o Vergine Lauretana, così definita in quanto il volto scuro è tipico della antiche icone che si annerivano a causa del fumo delle candele dei fedeli per la venerazione, quella originale andò distrutta in seguito ad un incendio del 1921 e risaliva al XIV secolo mentre quella ad oggi venerabile è una fedele ricostruzione del 1922.

La città è tutta incentrata verso l’imponente basilica resa ancora più maestosa dalla Piazza della Madonna su cui si affaccia la Chiesa, una piazza resa ancora più fastosa e importante dal Palazzo Apostolico che secondo il progetto originario del Vanvitelli che lo progettò avrebbe dovuto circondare per intero la Piazza ma che si trova invece solamente sul lato frontale a quello della Basilica; al centro della Piazza troviamo la Fontana barocca di Carlo Maderno e Giovanni Fontana realizzata tra il 1604 e il 1614; altro mirabile monumento è poi la Statua di Papa Sisto V del 1587 posta a sinistra del Sagrato.

La città di Loreto è da sempre legata all’ Aereonautica Militare in quanto la Vergine Lauretana ne è la protettrice ed attualmente la città ospita la Scuola di Lingue Estere della Stessa Aereonautica, oltre che ad un Cimitero Militare Polacco, dove vennero sepolti 1080 soldati polacchi caduti nella Seconda Guerra Mondiale.

Le maestose mura che la circondano vennero erette a difesa del sito già dal XIV sec. Minacciato dalle incursioni Turche dall’Adriatico.

I doni che nei secoli i pellegrini portarono alla Santa Casa oggi sono racchiusi nel Museo Pinacoteca ospitato nel braccio occidentale del Palazzo Apostolico, che racchiude una passeggiata di 28 stanze dove sono conservati arazzi, dipinti, sculture, maioliche, oreficeria sacra, e mobili, un patrimonio inestimabile vasto ed eterogeneo tra i quali spiccano un corpus di dipinti di Lorenzo Lotto che dipinse negli ultimi anni della sua vita trascorsa appunto nel Santuario mariano; una raccolta di maioliche donata dal Ducato di Urbino di cui si compongono un primo nucleo proveniente dalla bottega di Orazio Fontana donata da Giulio Feltrio De la Rovere tutti del XVII secolo. Come non citare poi un preziosdownloadissimo Crocifisso in argento modellata dal Giambolognadono di Cristina di Lorena nel 1573.

Una città tesoro del patrimonio artistico e devozionale italiano che per un visitatore che arriva per la prima volta nella nostra Regione non può non annoverare nel suo itinerario; un gioiello che affascina e che resta vivo nei ricordi per le sontuose architetture e la preziosità degli ori e delle decorazioni, una importante meta nel pellegrinaggio devozionale mariano, una testimonianza della sua grandissima importanza già dalla sua prima fondazione rimasta nei secoli.